lunedì 22 settembre 2014

La terza puntata di Declino e caduta, rubrica di satira che esce ogni giovedì sul magazine Tempi, è dedicata alla pressante necessità di ridiscutere i rapporti fra uomini e orsi.

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Franco non ce l’ha fatta. La sua lunga fuga nella natura ha avuto una fine tragica, forse inevitabile, sicuramente straziante. Gli è stato fatale il tentativo estremo, disperato, di difendere i suoi due cuccioli aggredendo l’orso che gli si era improvvisamente parato dinanzi minacciandoli. Franco non ha avuto un attimo di esitazione nell’anteporre la tutela della vita dei suoi piccoli al rischio di perdere la propria. Sulle prime ha funzionato: l’orso, intimorito dalla sua reazione imprevista, è fuggito. Ma allora si è subito scatenata la caccia all’uomo. È tanto necessario quanto doloroso interrogarsi sulle responsabilità dell’accaduto. La morte di Franco è colpa dell’anonimo orso che l’ha minacciato lasciando poi perdere le proprie tracce senza nemmeno lasciare l’impronta di una zampa né un ciuffo di pelo identificativo né il riferimento di un albero presso cui rinvenirlo in futuro? O è forse colpa del dottor Bruno Marsicano il quale, nonostante la specializzazione in uomologia conseguita con un apposito stage nell’Artico, non ha saputo calibrare adeguatamente la dose di sedativo da iniettare nell’uomo tramite una cerbottana da lunga distanza per essere sicuri che nessun orso si facesse male nella colluttazione? “È stata una fatalità”, ripete incessantemente l’uomologo. “La cerbottana conteneva il Calmidol, un sedativo in largo uso fra uomini che praticano un qualsiasi mestiere dal nome inglese che tradotto in italiano non significa nulla. Posso tutt’al più riconoscere una mia leggerezza nel non notare che dagli scaffali avevo preso una confezione specificatamente pensata per gli organizzatori di Expo 2015”. La triste fine di Franco deve essere l’occasione per riflettere seriamente sul rapporto fra uomo e orso. Siamo abituati a vedere nelle nostre strade uomini portati al guinzaglio da cani, donne rinchiuse in casa da gatti, bambini trascinati dove non vogliono da pony imbizzarriti. Le associazioni per la tutela e la salvaguardia dell’uomo hanno pubblicato foto scioccanti di decine e decine di uomini di ogni specie in fila per ore all’ingresso di uno zoo, al solo scopo di venire osservati da animali nullafacenti e nutriti a spese dello Stato. D’altro canto ormai sempre più orsi stanno rigettando l’idea antiquata e barbara di mangiare gli uomini. Solo una minoranza di gourmet un po’ snob insiste che l’uomo in fricassea è una prelibatezza, e chiunque l’abbia provata – compreso chi scrive – è pronto a giurare che la carne di un bambino di due o tre anni, adeguatamente stufata e condita con un pizzico di aromi a piacimento, è di una tenerezza celestiale seconda forse solo al piacere che può dare un tritato crudo: ma chi non soffrirebbe al pensiero dello sguardo di un uomo ancora vivo e piangente mentre gli viene infilato un braccio nel macinino? Chi non è mosso da fremiti d’orrore alla vista di carni umane dilaniate da artigli che scavano nelle interiora sporcando di sangue le radici che solcano i nostri boschi? I cuccioli di Franco, di sette e cinque anni rispettivamente, sono rimasti senza la protezione del padre che li ha amorevolmente nutriti e accuditi fino a ora. Usciranno vivi dalla foresta? Riuscirà l’uomo a sopravvivere alla follia dell’orso?