martedì 3 aprile 2007

Andorra

(copyright Il Resto del Pallone)

Breve ma necessaria premessa autobiografica: al momento sono ospite di un college di Oxford (semivuoto per via delle smisurate vacanze pasquali di cui godono gli studenti locali) e mercoledì sera ero tutto contento perché in serata la BBC2 avrebbe trasmesso Italia-Scozia. Alle otto meno un quarto (per via del fuso orario) ho acceso la tv e mi sono piazzato sul divano del college bar; se non che alle otto meno cinque sono apparsi tre studenti inglesi (cioè un giapponese, un indiano e un giamaicano) il cui interesse per Italia-Scozia era pari al mio interesse per gli schemi del punto croce. Dopo una rapida consultazione, e tenendo presente che tre inglesi di varia nazionalità ci mettono nulla a picchiare a sangue un italiano, abbiamo deciso di cambiare canale e così Italia-Scozia si è trasformata in Andorra-Inghilterra.

Per anni ho sognato, quand’ero ragazzino, che l’Italia venisse sorteggiata nel più scabercio girone di qualificazione, con dentro almeno una fra San Marino, Liechtenstein o appunto Andorra (Lussemburgo era già troppo forte); e per questo sto aspettando con trepidazione il momento in cui incroceremo le Isole Far Oer, sempre ammesso che esistano veramente e non siano invece una rappresentativa di scapoli e ammogliati amici di Joseph Blatter. Non solo dunque ero contrariato dal repentino cambiamento di canale, ma ero soprattutto invidioso dell’evenienza che i tre inglesi multiculturali potessero fingere interesse e sofferenza per una partita il cui risultato (dieci, cento, mille a zero) era scritto prima ancora del fischio d’inizio. Mentre la ruvida Scozia, quella sì che era sofferenza.

Peraltro in Inghilterra, quando non si lavora, la cosa più interessante da fare è leggere il giornale; tale lettura mi aveva insegnato che per gli inglesi la partita contro Andorra era veramente motivo sia di interesse (perché la classifica del loro girone di qualificazione non è particolarmente sorridente) sia di sofferenza (perché tanto per dire tre giorni prima avevano pareggiato 0-0 con Israele, che non è propriamente l’invincibile armata). Vabbe’, mi son detto io e si son detti i tre inglesi multicolori (ognuno nella propria versione di lingua inglese), adesso si gioca contro Andorra, la si massacra vincendo dieci, cento, mille a zero, e passa la paura.

L’invidia è andata progressivamente aumentando, poiché il problema dell’Inghilterra si chiama Steve McClaren ed è il signore biondino seduto in panchina. Era l’assistente di Eriksson ma da quando lo ha sostituito è diventato un personaggio storico, in quanto ha privato il calcio inglese della sua caratteristica peculiare, ossia la capacità di assaltare il nemico – pardon, l’avversario – sempre e comunque, anche nella più nera situazione. Man mano che il tempo passava e Andorra non si scopriva e perfino l’Italia andava in vantaggio con maggiore autorevolezza, l’Inghilterra (intesa come squadra) veniva percorsa dall’autentico terrore di giocare, ossessionata dall’idea di star pareggiando contro Andorra, e presumibilmente più impegnata a pensare a chi avrebbe sostituito Steve McClaren entro il fine settimana. Nel frattempo l’Inghilterra (intesa come nazione intera rappresentata sia dai sovrabbondanti tifosi in trasferta sia dai tre cosmopoliti sul divano), una volta finito il primo tempo sullo 0-0, provvedeva a salutare il risultato storico con perifrasi che, poiché temo di essere letto anche da delle signorine, preferisco non trascrivere.

L’intervallo è stato irreale. L’Italia vinceva 1-0 sulla Scozia e, stando al quarto d’ora che abbiamo guardato sulla BBC2, giocava anche benino. Io non sapevo che dire, e non perché non conosco la lingua. I tre pseudo-inglesi, alle nove esatte, hanno nuovamente cambiato canale scusandosi reiteratamente e per poco non mi sfuggiva che capivo le loro ambasce, che effettivamente contro Andorra era più difficile che con la Scozia. Fortunatamente ho taciuto.

Nel secondo tempo san Steven Gerrard s’è caricato la croce e con due goal uno più bello dell’altro ha raddrizzato la storia riconducendola sui binari della retta ragione. Gli stessi inglesi di cui sopra hanno avuto il coraggio di esultare smodatamente quando Nugent, alla sua prima partita con la maglia bianca, ha segnato il 3-0 calciando un pallone che vagava solingo sulla linea di porta, a testimonianza delle sofisticate tattiche difensive degli andorrani, sempre ammesso che si chiamino così. Di modo tale che, nonostante il suo ardimentoso tentativo di pareggiare, Steve McClaren s’è salvato e probabilmente non verrà licenziato prima di giugno; ma la cosa più buona e giusta l’ha detta David Platt, indimenticabile campione di un Bari miseramente retrocesso nel 1992 e attualmente commentatore tecnico su Sky versione inglese: “Non importa che sia contro Andorra, quello di Gerrard è grande calcio giocato da un grande calciatore”.

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