mercoledì 5 dicembre 2007

Dante per tutti, Dante senza Dio

Lei viaggia sulle trame dantesche?
Le piace viaggiare sulle trame dantesche?
(Enzo Decaro a Massimo Troisi)


Vittorio Sermonti l’ha fatta fuori dal vasino nell’istante in cui ha rimproverato Benigni di leggere la Divina Commedia sulla tv generalista, operazione per la quale secondo lo scrittore letterato e critico sarebbe stato più indicato uno scrittore, un letterato, un critico: insomma Vittorio Sermonti stesso. Cosa non si fa pur di finire su Rai1. Autoproponendosi in nome della propria superiorità culturale, Sermonti ha tradito l’essenza stessa della Commedia così come la si può leggere su ogni manuale di prima liceo classico, dove Dante rivendica la propria capacità di scrivere nello stile in cui et mulierculae communicant (in cui parlano perfino le donnicciole), e al contempo il senso stesso della poesia che (soprattutto nei secoli in cui era scritta decentemente) deve saper parlare a tutti per mezzo di qualsiasi bocca. Prova ne sia che a Modena, giovedì scorso, di fronte a una sola televisione eravamo in quindici o venti, chi per vedere Benigni, chi per sentire Dante; numero che è stato superato a mia memoria negli scorsi anni solo dall’elezione del Papa e dalle partite del Mondiale. Per quanto il pubblico non debba essere l’unica unità di misura del gradimento, il consenso è necessario passaporto per la fama e l’immortalità, che a loro volta richiamano consenso col loro stesso essere famose (come Benigni) e immortali (come Dante). A sentire Vittorio Sermonti, invece, Dante andrebbe preservato da tanto affollamento e meglio sarebbe stato rivolto se esclusivamente a un pubblico colto, di scrittori, di letterati, di critici: insomma se rivolto soltanto a Vittorio Sermonti stesso.


Tuttavia ci sono delle cose che non si possono dire mai, tanto meno in prima serata, tanto meno su Rai1; e ciò sa pure Benigni, che ha la lingua sciolta e la capacità di non bere per tre ore di discorso ininterrotto. Archiviata la satira politica, avanzando nel commento del V dell’Inferno (che non era semplicistico, ma calibrato sull’esclusiva necessità di fornire al pubblico gli strumenti sufficienti alla decrittazione del verso dantesco), parlando dell’amore fra uomo donna e Dio Benigni s’è reso conto d’un tratto che stava facendo l’elogio del cristianesimo razionale; allora ha avuto la bella pensata di chiosare (cito a memoria): “Quest’etica ricavata dalla rivelazione divina è grande tanto quanto quella che è dedotta esclusivamente dalla razionalità umana.” Ragion per cui Dante avrebbe scritto altrettanta Divina Commedia se invece dei Vangeli si fosse limitato a leggere John Rawls e Sebastiano Maffettone.

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