[Se Capodanno non ci fosse, preferirei non inventarlo. Tanto per dire, stavolta allo scoccare della mezzanotte – o meglio, allo scoccare delle nove del mattino dopo, visto che a mezzanotte dormivo poiché non me ne frega nulla – mi sono reso conto che esattamente dieci anni fa iniziava il 1998 che mi avrebbe portato agli esami di maturità, nientemeno. Adesso neanche so più se si chiamino ancora così; di sicuro sono una faccenda estremamente diversa: entrerò nei dettagli, ma ogni cosa a suo tempo. Oggi il dovere impone di seguire il rientro a scuola di Silvia G, la quale ha trascorso le feste natalizie in preda a un enorme astio – a differenza di persone di mia conoscenza, che hanno trascorso le feste natalizie in preda a un enorme astice – del quale fornisce la dettagliata ragione qui di seguito, mentre io mi arrovello nel tentativo di ricordare cosa mai andavo pensando dieci anni fa, al momento di rientrare per l’ultima volta al liceo dopo le feste natalizie, e nulla mi ricordo:]
Gurrado, che dire dell’Inglese? Materia né completamente scientifica, né completamente umanistica, in ogni liceo classico si trova nella bizzarra condizione di lingua viva messa in competizione con delle lingue morte. La cosa, in sé, sembrerebbe un paradosso; eppure, al liceo Voltaire, è proprio la professoressa Ivani, insegnante d’inglese, a sentire maggiormente il peso della gerarchia interdisciplinare [NdG: va riconosciuto che Silvia G aveva scritto “gerarchia fra le varie discipline” ma ho ritenuto opportuno correggerlo in “gerarchia interdisciplinare” nel timore che la versione più facile nonché semanticamente corretta potesse sonare astrusa alle orecchie dei dirigenti scolastici]. Fonte principale della sua frustrazione sono le tre misere ore settimanali che l’orario le riserva (il latino e le scienze, per esempio, ne hanno una in più): ella [NdG: si noti come Silvia G si attenga all’indicazione – irrinunziabile a partire da ogni quarta ginnasio – di utilizzare “egli” ed “ella” per il soggetto di una frase. Si tratta di una peculiarità linguistica presente esclusivamente nei licei classici, e costituisce un segno massonico per riconoscersi fra ex allievi] non manca quindi di lagnarsene ogni giorno. A peggiorare le cose, negli ultimi anni al Voltaire è stato creato un laboratorio multimediale appositamente pensato per le lingue straniere [NdG: ce l’avevamo anche noi il laboratorio di Inglese, istituito una dozzina d’anni fa. Utilizzavamo le cuffie per giocare a fare le volanti della polizia che si inseguivano l’un l’altra: “Volante uno, volante due…”. Deliziati da tale esperienza, alcuni di noi – quorum ego – sono andati spesso e volentieri in Inghilterra; altri invece hanno preferito affrontare il concorso per entrare in questura]; il che, invece di soddisfare la professoressa Ivani, la riempie di nuovo fastidio, in quanto ella ritiene inutile trasferire gli studenti davanti a un computer ogni settimana, anche perché non manca mai chi approfitti di un suo momento di distrazione per connettersi con qualche chat line, o [NdG: interviene qui la censura gurradesca, talmente scandalizzata di fronte a ciò che combinano i compagni di classe di Silvia G da giungere ad ammirarli perfino]. Tuttavia, il sommo dirigente scolastico ha manifestato in più di un’occasione il desiderio di vedere questo laboratorio multimediale utilizzato, ragion per cui la professoressa Ivani si è rassegnata a sacrificare una delle sue tre ore settimanali, non mancando però di sfogare il dispetto che ciò le procura sugli alunni.
Nell’entrare in laboratorio qualche secondo dopo la fine della ricreazione, capitò un giorno che fossi io stessa a fare le spese della frustrazione dell’Ivani. Appena messo piede nell’aula, infatti, venni aggredita da un brusco:
-Silvia G! La campanella è già suonata, tu sei in ritardo!
Io, guardandomi attorno, mi accorsi con stupore di esser stata in assoluto la prima a presentarsi. Tentai dunque di far notare la cosa all’insegnante, ottenendo però nefasti risultati:
-Peggio che mai! I tuoi compagni sono ancora più in ritardo, e tu, in quanto rappresentante, sei responsabile anche di questo! Torna di sopra, prendi il registro: devo segnare una nota alla classe, e una in particolare a te. Hai voluto fare la rappresentante, Silvia G? Adesso ti assumerai l’onere del tuo ruolo!
Dopo aver valutato in fretta che il ritardo complessivo non superava i sessanta secondi, mi incamminai avvilita verso la mia aula, presi il registro, tornai in laboratorio e trovai tutti i miei compagni ordinatamente seduti davanti ai computer, nel più religioso silenzio.
-Alla buon ora! [NdG: presumibilmente “Alla buon’ora”; ma in qualità di filologo opto sempre per la lectio difficilior tanto più che il rispetto che provo nei confronti di Silvia G mi impedirebbe tout court di aggiungerle ove che sia un apostrofo rosa senza chiederle il permesso]-, saltò su la professoressa Ivani, -È inaccettabile che io non solo debba sacrificare ogni settimana una mia lezione, ma sia pure costretta ad attendere i comodi vostri!
-Sì, però la ricreazione…-, tentò quindi di ribattere Eleonora F, rappresentante di classe anche lei, sulla quale, inspiegabilmente, l’ira dell’Ivani non si era scatenata [NdG: mi rincresce rimproverare a Silvia G la scarsa conoscenza evangelica, e mi propongo per offrirle un gratuito ripasso di catechismo. La professoressa Ivani fa così perché si adempia la parola scritta in Matteo 24, 41 e ribadita in Luca 17, 35: “Due donne macineranno al mulino: l’una sarà presa e l’altra sarà lasciata”].
-La ricreazione! Voi dovete entrare in laboratorio prima della fine della ricreazione, o non sarete mai abbastanza puntuali.
-Ma la porta del laboratorio era chiusa a chiave. Solo lei la può aprire…
-E infatti voi dovete entrare assieme a me! Non possiamo perdere tempo in questo modo! Lo so che qui dentro la mia materia non è considerata all’altezza del vostro latino e del vostro greco, ma non per questo potete mancarmi di rispettò così. La ricreazione dura anche troppo, basterebbero cinque minuti, a parer mio.
-Ma abbiamo delle esigenze fisiologiche, prof! Dobbiamo andare in bagno!
-Il corpo umano ha un’autonomia di quattro ore, potete tranquillamente organizzarvi e resistere! [NdG: non per fare satira politica, ma questa frase rende piuttosto evidente l’isterismo intollerante di tutti quelli che ripetono spesso il verbo “resistere”; inutile far nomi]
Non avrei qui mancato di farle notare che la scuola dura cinque ore, se non sei, ma la prudenza diplomatica frenò la mia lingua. Il silenzio generale, tuttavia, non bastò a far tacere anche la professoressa Ivani, che infatti proseguì imperterrita il suo monologo esasperato, senza ormai più pensare al tempo che scorreva:
-I tempi sono cambiati. L’inglese è una materia di fondamentale importanza, forse la più importante di tutte. Non si sopravvive, al giorno d’oggi, senza l’inglese. Andate in Germania, andate in Finlandia, andate in Inghilterra, voglio vedere se i livelli d’Inglese lì sono eguali ai nostri. Il tutto perché? Perché noialtri rimaniamo impregnati di questa melassa classicista che ci impedisce di modernizzarci, di stare al passo coi tempi, di primeggiare. Si ha più rispetto per le lingue morte che per quelle vive. A che serve il greco, a che serve il latino? Aspirate forse tutti alla carriera ecclesiastica? Eppure, alle lezioni della Fiorello vi presentate puntuali, non le fate perdere tempo in questo modo! [NdG: eppure a seguito di questa perorazione la professoressa Ivani non è stata rinchiusa né in un nosocomio né in un canile; ma forse parlo così perché io medesimo aspiro alla carriera ecclesiastica, e come]
Non avrei qui mancato di farle notare che la nostra puntualità alle lezioni della professoressa Fiorello è dovuta al fatto che lei stessa, saltuariamente, si attarda qualche minuto subito dopo la fine della ricreazione, ma nuovamente la prudenza diplomatica mi fece tenere la bocca chiusa. L’Ivani, nel contempo, proseguiva ostinatamente:
-Ho soltanto tre lezioni in settimana, solamente tre! Di cui una, oltre tutto, viene quasi sprecata in questo orrendo laboratorio, che io non ho mai richiesto e a cui mi sono sempre vivacemente opposta. Ma il preside vuole mantenere uno strato di modernità, vuole costruire specchietti per le allodole, e mi costringe a far finta di tenere lezione davanti a un monitor! Quanti fondi sciupati, quanto tempo perso! Voi oltretutto arrivate sempre in ritardo, e io non so cosa fare!
E mentre la professoressa Ivani si lagnava del nostro ritardo, originariamente di sessanta secondi arrotondati per eccesso, e della ristrettezza generale del tempo che le veniva dedicato, la campanella nel corridoio suonò segnando la fine della sua ora di [NdG: la pagina è stata strappata e dopo la preposizione reca i segni dei denti della professoressa Ivani, pertanto il manoscritto termina qui]
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