Il telefono, innanzitutto. “Pronto, parlo con Gurrado?” “Certamente, essendo il mio numero.” “Buongiorno dottor Gurrado, sono Caterina della Johnny Minkialonga corporation di ***, abbiamo preso in visione il suo curriculum e…” “…e?” “…e saremmo onorati di offrirle…” “…un lavoro?” “Macchè, di più, saremmo onorati di offrirle…” “…un finanziamento vitalizio?” “Si figuri, saremmo addirittura onorati di offrirle uno stage. “Ah.” “Retribuito, ci mancherebbe.” “Ci mancherebbe.” “Si tratta di un’esperienza altamente formativa…” “Sì, lo so, ma quanto?” “…altamente formativa tanto nel suo campo specifico quanto…” “Sì, ma quanto?” “…quanto nei settori più richieste dalle aziende di oggigiorno, fra le quali
È per ragioni del genere che un po’ invidio Silvia G, che fa ancora il liceo. È per ragioni del genere che, pur rispettando le scelte di ognuno e avendo come massimo ideale la libertà individuale, le impedirò di iscriversi a qualsiasi facoltà umanistica, al costo di far saltare in aria tutte le Lettere e Filosofia sparse in ogni Università del Regno. Intanto Silvia G inconsapevole scrive:]
Gurrado, il terzo anno di liceo (classico) è senz’altro il più probante di tutte le superiori; non soltanto per l’esame di Stato che incombe, ma anche e soprattutto per gli ultimi ritagli di adolescenza che scivolano di giorno in giorno tra le dita dei maturandi [Nota di Gurrado: soprattutto dei maschietti, temo; sorry], costringendoli a prendere coscienza che l’età adulta si sta rapidamente avvicinando e con essa, nella più ottimistica delle ipotesi, il futuro lavorativo. Sono pochi gli studenti di liceo classico che decidono dopo l’esame di non iscriversi all’università [NdG: ma beati loro! multi sunt vocati, pauci vero electi! happy few! cfr. Matteo 7, 13: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa”], e di conseguenza la scuola sente il dovere civile e morale di introdurre ai suoi alunni le varie facoltà sin dall’inizio dell’anno, preoccupandosi meno di farli uscire dalle superiori con una preparazione completa. L’atto di organizzare uscite fuori porta, visite alle facoltà, presentazioni in videoconferenza coi rettori è appunto chiamato “orientamento universitario”.
Assistendo a una videoconferenza di presentazione della facoltà di Giurisprudenza, prima che il chiacchiericcio di fondo dovuto alla presenza di numerosi liceali poco interessati nella sala coprisse definitivamente ogni altro suono, ho avuto modo di ascoltare le sagge parole del Rettore che ammonivano:
-Ragazzi, non lasciatevi condizionare dai vostri genitori, dai vostri amici, né tanto meno dai vostri fidanzati e dalle vostre fidanzate, nella scelta di una facoltà. È indispensabile che una decisione di questo tipo venga presa esclusivamente da voi, senza coinvolgimento di esterni.
Parrebbe quasi un consiglio ragionevole. Sennonché, a seguito dell’intervento del Rettore, prende la parola una professoressa relativamente giovane, che espone in maniera in vero poco chiara l’organizzazione della vita universitaria. Alla domanda mossa da uno studente presente in sala riguardo alla difficoltà di trovare lavoro dopo la laurea, tuttavia, la professoressa risponde che la concorrenza, nell’ambito della giurisprudenza, è effettivamente spietata; lei, a quel che dice, ha alle spalle una famiglia di giuristi, e quindi non le è stato difficile trovare lavoro nello studio legale di suo padre.
Si prosegue con la facoltà di Economia; stavolta è un perito aziendale a parlare, introducendo sempre il suo discorso con la raccomandazione di non lasciarsi condizionare eccessivamente da parenti, amici o fidanzati nella scelta della facoltà. Passa poi ad un’appassionata descrizione della sua giornata lavorativa, con un sorriso che non nasconde la più profonda delle soddisfazioni, essendo stato egli assunto di recente nell’azienda del suocero, produttore di un noto spumante locale:
-Ammetto senza vergogna che il primo lavoro me l’ha fornito il padre di mia moglie, ma questo certo non significa ch’io sia un raccomandato.
Certamente, no. Il vero raccomandato, infatti, è il nipote del farmacista Bertuzzi, che ha appena occupato il posto di un dipendente licenziato in misteriose circostanze nella farmacia dello zio; o il figlio del Rettore della facoltà di Medicina, che ha di fresco conseguito una laurea di 110 e lode (in medicina appunto), come non manca di sottolineare mente accompagna gli ancor giovani studenti liceali venuti in visita nelle varie aule della sede.
-Vi do un consiglio-, aggiunge, il giovanotto, al momento dei saluti, -non lasciatevi condizionare da parenti o amici, nella scelta della facoltà: è una decisione che spetta solo a voi.
Si mormora che, tornati agli ordinari banchi di scuola, alcuni maturandi della Terzaddì si lagnassero tra di loro dell’orientamento universitario appena subìto, e che i professori, indispettiti dalla cosa, domandassero quale mai fosse il motivo di tanta insoddisfazione.
-Prof-, sospira dunque qualcuno con tono sarcastico, -non siamo affatto insoddisfatti, anzi! Mio padre lavora in un cantiere edile e mia mamma ha fatto le magistrali: sono fortunato, perché non hanno la possibilità di condizionarmi in alcun modo, nella scelta della facoltà!
A quel punto un fortissimo boato squas[NdG: la pagina del quaderno a quadretti di Silvia G reca in questo luogo distinte tracce di cenere e lapilli; la vendetta divina è consumata e il manoscritto termina qui]
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