Richard Mason ieri ha raccontato una cosa che mi ha sollevato. Il suo primo romanzo era stato pubblicato (e tradotto in tutto il mondo) quando lui aveva poco più di vent'anni, garantendogli un successo fuori dall'ordinario e, per quanto piacevole, difficilmente gestibile. Gli scrittori veri sono per lo più dei solitari che hanno bisogno di ampie cornici di silenzio; ma, una volta scritto un romanzo di successo, ottenere solitudine e silenzio gli era pressoché impossibile stante che doveva trotterellare per l'Europa, l'America e l'Africa, concedere quindici interviste quotidiane, tenere a bada gli assalti di mille ammiratrici innamorate e così via. Tutte cose che per un giorno fanno estremamente piacere ma che rendono impossibili una vita non appena trascorsa la prima settimana a questi ritmi.
Quand'era a Roma per promuovere il suo primo romanzo, Richard Mason era disperato: chiamava la mamma e piangeva al telefono, incurante di apprendere che il suo libro fosse stato appena comprato da, poniamo, un milione di tedeschi. Per questo aveva deciso che non avrebbe scritto mai più, e che si sarebbe trovato un lavoro vero: scrivere è bello ma faticoso, il successo è luccicante ma ingestibile, quindi meglio lasciar perdere. Tanto più che l'improvvisa fama comportava che sconosciuti di qualsiasi nazionalità si permettessero a rotazione di esprimere pareri e dare consigli su titoli, personaggi, dialoghi, tecniche narrative e copertine; promettendo peraltro di giudicare altrettanto insindacabilmente tutto ciò che Mason avrebbe prodotto di lì all'eternità. Meglio lasciar perdere.
Il milione di tedeschi, tuttavia, non aveva acquistato invano il suo primo romanzo. Coi soldi guadagnati dalla loro generosità, Mason ha deciso di comprarsi un antico pianoforte: qualcosa che fosse solo per sé e gli consentisse di canalizzare la propria creatività in qualcosa che nessuno avrebbe mai giudicato, non potendolo ascoltare. Questa valvola di sfogo ha fatto sì che maturasse dentro di lui la decisione di scrivere un secondo romanzo, e poi un terzo, e ora un quarto, così come suonava il pianoforte, di nascosto, solo per i suoi occhi. In fin dei conti le dita che picchiano sul portatile sono le stesse che ballano sui bemolli.
Così Richard Mason, dopo il successo del primo romanzo, ha deciso di smettere di scrivere e ha continuato.
(Ogni scrittore famoso ha un'ombra: l'addetto stampa del suo editore. Un autore si limita a scrivere il romanzo e sperare in bene. L'addetto stampa spedisce il libro, controlla le recensioni, coordina le presentazioni, implora le agenzie viaggi, scruta gli alberghi, compila i rimborsi-spese, accontenta tutti senza imporre nulla all'autore. Lo segue ovunque e ascolta cento volte lo stesso discorso, controllando con la coda dell'occhio le reazioni del pubblico. Parla in Inglese con gli Inglesi, in Francese coi Francesi, in Italiano con gli Italiani; riesce a non ridere dell'entusiasmo isterico di chi vede per la prima volta la stessa persona che lui invece accompagna da una settimana e che a lui si rivolge quando c'è da risolvere il problema di un improvviso mal di testa o dei calzini che si sono rotti. Soffre senza lamentarsi. Riesce a essere contemporaneamente in ufficio, su un treno e a un vernissage. Senza la dedizione ubiqua degli addetti stampa, nessuno scrittore sarebbe famoso. Dietro ogni scrittore interessante che ho incontrato c'era sempre un addetto stampa che meritava il suo successo, e che sono stato felice di conoscere.)
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