Mia madre guarda La Corrida e si stupisce che il maestro Vince Tempera passi la serata a portare il tempo con le dita anche quando non dirige. Gerry Scotti finge di essere buono coi poveri concorrenti, alcuni dei quali sono forse un po' scemi, e Vince Tempera ticchetta su un immaginario leggio. Michela Coppa finge di essere simpatica col pubblico, e Vince Tempera agita l'indice a ritmo di fox-trot. Viene mandata in onda la pubblicità, e Vince Tempera si dirige una sinfonia muta.
Io guardo La Corrida il meno possibile ma non me ne stupisco affatto. Del maestro Vince Tempera so solo che ha musicato la sigla di Ufo Robot, i cui versi d'apertura ("Si trasforma in un razzo missile / con circuiti di mille valvole") erano stati notevolmente migliorati da un mio amico che preferisce serbare l'anonimato: "Si trasforma in un pazzo mistico / quando prende lo psicofarmaco". Però posso presumere che inizi a dirigere prima che la musica attacchi, e che continui a dirigere anche quando non lo fa. Soprattutto. Io lo capisco perché scrivo per lo più quando non sono al computer.
Come per il maestro Vince Tempera, tutto sta a prendere un ritmo - e a ricamarlo poi su un argomento qualsiasi. Tendenzialmente funziona che mi viene in mente una frase d'attacco e dà l'abbrivio a tutto il resto. Per questo non tollero che qualcuno si metta a fare casino o mi parli con la scusa che, visto che non sono al computer, evidentemente non sto scrivendo. Il grosso invece lo faccio in posti o momenti in cui non ho nemmeno sottomano qualcosa che possa servirmi a prendere appunti, rapidi quantunque. Probabilmente è una maniera per non sentirsi sotto pressione: nel momento in cui con tutta evidenza sei impossibilitato a scrivere, è improbabile porsi problemi sull'evenienza di scrivere meglio, visto che tecnicamente non si sta scrivendo, e quindi si scriverebbe alla perfezione se solo si potesse. A patto di non poter scrivere, si scrive a meraviglia. Quindi di fronte all'assenza completa di superfici grafibili (non spaventatevi, è un neologismo) si finisce non solo per venire folgorato da idee sensazionali e cristalline nella loro evidenza estetica, ma anche per delineare piano piano un ideale platonico della propria prosa. Quando si è giovani, la maniera migliore per maturare come scrittori è pensare continuamente a cosa scrivere e non scriverla mai.
Poi si tratta solo di stendere una parola dietro l'altra ma è più una lotta contro la memoria che contro l'ispirazione o il panico da pagina bianca. Le pagine bianche non esistono. L'ispirazione lasciamola ai dilettanti. Il problema è aderire perfettamente all'ideale delineato due minuti o mezza giornata prima di poter sedersi a scrivere con le mani. Ma le mani, com'è noto, non raggiungeranno mai il livello del cervello: uno resta impigliato nell'immanente e si adegua per quel che può (ad esempio, in quest'istante ho in mente una recensione perfetta a Luigi Magni ma devo andare dal commercialista; la scriverò domani mattina e sarà così così). Forse è pure meglio perché così si rende conto della propria imperfezione ed è spinto a cercare ulteriormente posti dove mettersi a scrivere senza farlo davvero.
Uno dei pochi posti in cui un uomo possa scrivere in santa pace è il cesso. Nella circostanza è consigliabile star facendo una doccia o, meglio ancora, un bagno. Altre attività tendono a influire tragicamente sulla qualità della prosa. Mi consola, e mi conferma che non sono pazzo, una non so quanto celebre dichiarazione di Ray Bradbury: "Io scrivo di prima mattina, sotto la doccia. Il resto della giornata lo passo ad acchiappare le farfalle". La vita dello scrittore è tutta rinchiusa in questa sfida, nel cercare di rincorrersi da soli. Per questo motivo, credo, Philip Roth non ha mai voluto vivere con nessuno e infatti scrive romanzi perfetti. Se l'avesse saputo Marat, duecento e passa anni fa, non si sarebbe portato carta e penna nella vasca da bagno né avrebbe indugiato alla ricerca dell'ispirazione dopo aver pescato nell'inchiostro. Se Marat si fosse consacrato all'inseguimento di un'idea impossibile da trascrivere all'istante, si sarebbe affrettato a uscire dalla vasca e Charlotte Corday non sapremmo nemmeno chi fosse.
L'esperienza mi insegna che venire accoltellati mentre si scrive in una vasca da bagno è tuttavia meno spiacevole che venire interrotti da qualcuno che dice cazzate.
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