venerdì 28 agosto 2009

L'anacronismo è moderno

(Gurrado per Il Foglio)

Lo scrittore è padrone del tempo? Tiziano Scarpa in coda al suo breve Stabat Mater aggiunge sei pagine di notazioni tecniche in cui elenca le fonti del romanzo, le migliori incisioni di Vivaldi e perfino i libri potenzialmente simili al proprio che non ha letto per non lasciarsi influenzare. Poi rivela, a sorpresa per il lettore a digiuno di storia della musica: “Il mio libro è colmo di clamorosi anacronismi”. Tanto per dire, quando il giovane Vivaldi insegnava alle fanciulle dell’Ospedale della Pietà di Venezia non aveva affatto avuto il tempo di scrivere l’oratorio Juditha Triumphans, tanto meno le Quattro Stagioni. Ma poi, dopo aver mostrato l’orgoglio di certificare che la sua storia è “costellata di gravi falsificazioni”, Scarpa diventa remissivo e chiede “indulgenza agli storici e agli estimatori di Vivaldi”, spiegando piuttosto timidamente che s’è limitato a “fantasticare” e che s’è basato su una “suggestione storica” in luogo della “verosimiglianza documentaria”.

Altro nuovo romanzo Einaudi: in Accabadora Michela Murgia fa riferimento all’intervento dei cavalieri di Vittorio Veneto nel corso della Prima Guerra Mondiale. Io non me n’ero nemmeno accorto, preso dalla trama: è stata la Murgia stessa a farmi notare che i cavalieri di Vittorio Veneto furono istituiti nel 1968 e che a maggior ragione nel bel mezzo della Prima Guerra Mondiale era ben difficile anche solo immaginarseli. La Murgia non ha voluto evidenziare l’anacronismo in una postilla interna al volume ma ha lasciato che balzasse da sé agli occhi del lettore (se sono tutti distratti come me, sta fresca). Qualcuno ha effettivamente protestato ascrivendo l’errore agli editor dell’Einaudi ma la Murgia è intervenuta in prima persona dicendosi mossa “dallo stesso intento simbolico con cui Picasso dipinse Guernica, il meno realistico dei ritratti della guerra e ciò nonostante il più reale”.

Da un lato Scarpa che si azzarda ma poi si vergogna; dall’altro la Murgia che si propone di fare delle date belliche sbagliate una sua firma alla Hitchcock perché, dice lei, non possono esistere date giuste per guerre ingiuste. In entrambi i casi s’è perso un po’ il gusto per l’anacronismo fine a sé stesso, che poi è quello più gustoso per il lettore astuto. Fatti salvi i romanzi interamente controfattuali - ad esempio Contro-passato prossimo di Guido Morselli (1975) o L’inattesa piega degli eventi di Enrico Brizzi (2008) - l’anacronismo più arzigogolato e perverso è calato dalla Francia. Raymond Queneau ambienta Troppo buoni con le donne (1947) durante la sollevazione irlandese della Pasqua 1916 e dà ai protagonisti nomi tratti di peso dall’Ulisse, che si svolge a Dublino dodici anni prima. Dopo di che lascia che a uno dei personaggi sfugga detto: “Non per niente siamo la patria del James Joyce” salvo commentare in nota: “Qui c’è un leggero anacronismo ma Caffrey, essendo analfabeta, non poteva sapere che nel 1916 l’Ulisse non era ancora stato pubblicato”.

Sempre in ambito joyciano, per solutori più che esperti è l’anacronismo incluso da Anthony Burgess nel suo ambiziosissimo Gli strumenti delle tenebre (1980, ormai tragicamente fuori commercio) che attraversa da un capo all’altro la storia culturale del XX secolo. La voce narrante racconta di avere avuto la sua prima esperienza omosessuale da adolescente, con l’affermato poeta irlandese George Russell, nel pomeriggio del 16 giugno 1904; se non che nell’Ulisse Joyce mostra Russell che alla stessa ora dello stesso giorno passeggia lungo il Liffey con una signorina. “La letteratura gli aveva offerto un alibi immortale”, commenta Burgess, fingendo di dimenticare che Ulisse e Gli strumenti delle tenebre sono due romanzi e come tali possono contenere due realtà storiche in contraddizione fra loro ma entrambe vere.

La qualità di un romanzo storico si misura dal coraggio dei suoi anacronismi. La narrativa è più forma che contenuto, quindi non dev’essere calibrata sulla pedagogia ma deve presupporla. Dall’errore cercato e ammiccante, o dalla riscrittura maliziosa dei dettagli della storia, lo scrittore aumenta la propria credibilità perché si eleva al di sopra della mera riproduzione di dati di fatto – altrimenti a fare i romanzieri sarebbero buoni tutti. Temere che un ragazzino legga Scarpa e cresca nella convinzione che Vivaldi abbia composto le Quattro Stagioni vent’anni prima del dovuto, o temere che legga la Murgia e deduca che a Vittorio Veneto abbiano combattuto i cavalieri di Vittorio Veneto, è come precludergli la lettura di una nota poesia perché i botanisti (e Giovanni Pascoli) insegnano che le rose fioriscono a maggio e le viole a marzo: quindi la donzelletta che vien dalla campagna non può affatto recare in mano un mazzolin di entrambe.

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