Al mare è facile riconoscere il lettore professionista: è l’unico che non legge. Se la sua occupazione è strettamente correlata ai libri, lui in spiaggia si scatena e gioca coi racchettoni, rispolvera i pedalò, corteggia in francese le turiste tedesche, fa insomma tutto quello che durante l’anno gli è negato. Libri, nisba. Per fortuna fa parte di un’esigua minoranza: il resto degli Italiani durante l’anno non legge affatto e quindi ogni estate lascia racchettoni pedalò e tedesche ai lettori professionisti, mettendosi a leggere ciò che meglio rispecchia la sua tipologia di non-lettore. Così nascono i bestseller. Faccio dieci esempi.
Due volte su tre lo troverete in mano a una professoressa delle medie, di quelle che insegnano Italiano ma avrebbero ancora bisogno d’impararne un po’; e che però organizzano premi di poesia ai quali partecipano con un numero esagerato di componimenti per poi vincere a mani basse e premiarsi nella serata in piazza. Il Camilleri estivo è la loro vacanza dalle dure fatiche professorali e letterarie. Lo leggono per ritrovarvi “sfumature sottese”, “animo lirico”, “Sicilia genuina”, tutte espressioni che poi riverseranno in prolisse recensioni per il giornale di parrocchia, con gran profusione di puntini sospensivi e curandosi di infilare sempre una virgola fra soggetto e predicato. Per loro Camilleri è Montalbano ma Montalbano è Zingaretti: credono di essere innamorate del commissario e invece amano l’attore. Ogni estate, con somma crudeltà, danno da leggere ai loro allievi Mastro-don Gesualdo, ripromettendosi di leggerlo anche loro, un giorno lontano, quando anche Camilleri si sarà rotto i cabasisi. La spiaggia: Vorrebbero andare a Porto Empedocle, si accontentano della Tonnara di Palmi.
Se lo vedete in mano a una ragazza, avvicinatevi pure e attaccate discorso. Parlando del romanzo, ovviamente: non importa che non l’abbiate letto, basta che facciate vaghi riferimenti ai misteri di Barcellona e vi dichiarate convinti che è quasi al livello de L’ombra del vento – dichiarazione che non vi costa nulla soprattutto se non avete letto nemmeno quello. Attaccate discorso perché dietro la copertina di un Ruiz Zafón si trova immancabilmente una ragazza ben pettinata, con bikini vezzoso e di classe, unghie curate e una lacrimona pronta a calare sulla guancia all’ultima pagina del romanzo, qualsiasi cosa accada. Se siete di Bovisio Masciago e parlandole fate vaghi riferimenti ai misteri locali, la lettrice zafoniana vi ascolterà affascinata come se le parlaste della Barcellona di tutte le Brianze; poi vi scriverà lunghe mail piene di punti esclamativi, uno in coda alla prima frase, due alla seconda, tre alla terza e così via. Parlerete di libri e d’amore, le lacrimone abbonderanno. Infine le spedirete un romanzo, che so, di Scurati e lei non vi risponderà mai più. La spiaggia: Cinque Terre.
Il lettore grishamiano è un avvocato. Può capitare che di mestiere faccia tutt’altro, ma si tratta comunque di un avvocato in pectore. Evitate dunque accuratamente di farvi accalappiare se vi capita come vicino d’ombrellone: oltre a poter farvi causa per futili motivi, l’avv. può rompere gli indugi e raccontarvi pezzo per pezzo l’avvincente trama. Dieci minuti di lettura, venti di resoconto, e così via per tutta la vacanza. Il resoconto dura il doppio sia perché l’avv. non ricorda tutte le pieghe della trama e s’ingarbuglia, sia perché si prodiga in spiegazioni di faccende chiarissime e in ipotesi su come si comporterebbe lui, eh, se fosse al posto del protagonista. Trattandosi di un uomo ligio al dovere, di quelli che studiano le sentenze nel metrò, non potrà fare a meno di prestarvelo una volta finito, tutto spiegazzato che fa impressione. Voi vi schermirete, ma l’avv. ve ne imporrà la lettura; non prima di avervi annunciato che c’è un colpo di scena a pag.60, di avervi ripetuto tre volte come finisce e di averne lodato la snellezza (390 pagine). La spiaggia: se potesse, l’avv. resterebbe sul Naviglio.
Il falettista è un lettore di parte. È anche patriottico: disprezza Grisham, disprezza Larsson, disprezza tutti quelli che leggono giallisti stranieri e snobbano l’italiano. È un lettore che s’identifica nell’autore – tanto da dichiarare pubblicamente di aver letto “tutti i libri”, manco fosse un dotto bizantino, sottintendendo in realtà “tutti i libri di Faletti”. È un convertito sulla via di Damasco: prima di Faletti non aveva letto niente di così bello, in casi estremi non aveva letto niente in assoluto. È più realista del re: si vergogna dei trascorsi del suo eroe fra Drive In e Sanremo, si adombra se sente qualche quarantenne dire “quella ci ha due robèèèrti” oppure “minchia, signor tenente”. È un po’ ingenuo perché invece Faletti piace così, sfaccettato; neppure Eco sarebbe stato in grado di inventare Vito Catozzo. È dipendente: non sopporta l’idea che Faletti possa far passare un anno senza pubblicar nulla. È socievole: vuole conoscere tutti gli altri lettori di Faletti e pretende che tutti gli altri diventino lettori di Faletti. Oppure è Antonio D’Orrico. La spiaggia: Milano Marittima.
Il savianista non legge, acquista. Il suo è l’atto d’iscrizione a una setta iperpubblicizzata: quelli che stanno dalla parte di Saviano e quindi comprano qualsiasi cosa rechi il suo marchio (donde il corollario: Saviano non scrive, vende). Il savianista non ha sesso né età, potrebbe essere chiunque e non è mai troppo tardi per diventarlo. Non tollera l’idea che Saviano possa venire minacciato, e ci mancherebbe, ma al contempo minaccia di morte chiunque neghi che Saviano sia il più grande autore di tutti i tempi od osi dire che è buono tutt’al più per scrivere su Repubblica. Si riconosce facilmente perché in spiaggia porta due cose, oltre al telone e agli occhiali scuri: una copia del volume acquistata appositamente, intonsa ma posta in bell’evidenza sulla sdraio come segno distintivo di una massoneria di massa; e il portatile con la chiavetta per connettersi a Facebook e scrivere sulla bacheca di uno dei tremila gruppi di fan di Saviano: “Roberto non sarai mai solo!” – per quanto uno scrittore vero ogni tanto avrebbe anche bisogno di essere lasciato in santa pace a scrivere, e non continuamente circondato di groupies urlacchianti come un Kledi trucido. Oppure: “Oggi ho comprato L’Inferno e
Qui bisogna stare attenti: la trilogia Millennium nasconde delle insidie. C’è una sostanziale differenza fra i larssoniani che stanno leggendo il resto della trilogia e quelli che si fanno sorprendere in spiaggia con in mano Uomini che odiano le donne, volume inaugurale. Il larssoniano verace si era procurato una copia dell’ultimo volume già l’anno scorso, corrompendo un amico del cognato che lavora nella distribuzione libraria. Il larssoniano estremo s’è iscritto a un corso di svedese per giocare d’anticipo e leggere il tutto in originale (Män som hatar kvinnor, Luftslottet som sprängdes, sembra il menu di un ristorante di Vipiteno). Il larssoniano morboso ricorda senza supporto scritto con quante erre ed esse si scriva il cognome del suo idolo. Se invece vedete uno che sta appena iniziando Uomini che odiano le donne, potete considerarlo con sdegno: ha evidentemente visto prima il film e vuole controllare se il romanzo è fedele. La spiaggia: Rimini.
Nel film Io e Annie Diane Keaton rinfacciava a Woody Allen di averle regalato soltanto libri con la parola “morte” nel titolo. Già solo per questo diffiderei di quelli che esibiscono questa lugubre lettura in un posto che si presume di relax a cuor leggero; non tanto per la parola “morti” quanto per “biblioteca”. Se il vostro vicino d’ombrellone lo estrae dalla sacca, non esitate a rifare le valige per andare in montagna o a visitare una città d’arte. Anche perché è altamente probabile che – incupito dal contenuto cimiteriale, disorientato dai repentini balzi cronologici, innervosito dall’adrenalina che a quanto pare scorre a fiumi – il cadaverico cooperiano attacchi un discorso di generale critica nei confronti di quelli che giudicano a priori sciatta e banale la narrativa di genere e la relegano a lettura estiva. Seguirà la filippica contro quelli che l’hanno letto e trovato malvagio, culminante in: “Ma dico io: se non ti piacciono i thriller di fantascienza storica con contaminazioni mistiche e sovrannaturali, che li leggi a fare?”. Infine andrà alla ricerca del larssoniano principiante e insieme esprimeranno la speranza che qualche regista ne tragga un film, magari intitolandolo L’obitorio degli incunaboli. La spiaggia: qualsiasi, purché piova.
Con tutta la gente che dice quant’è potente questo romanzo, quant’è viscerale, quant’è tremendo, quant’è appassionato, profondo, coinvolgente; quanto lasci senza parole, quanto sia realistico e sognante, commovente e indimenticabile; quanto sia necessario finirlo in fretta e impossibile non ricominciarlo da capo: con tutto ciò, è facile dedurre che la signora che lo sta leggendo senza sosta – tornando indietro a riconsiderare le pagine più palpitanti, facendo orecchie ai margini per rileggere le frasi più incisive, sottolineando le descrizioni più poetiche, serrando le palpebre per figurarsi i luoghi che racconta – deve aver sposato un uomo noiosissimo. La spiaggia: qualcosa in Croazia, così che la figlia quindicenne di detta signora, alla quale sarà imposta lettura obbligatoria di una copia conforme del volume, possa andare in giro a seminare isterismo domandando ai bagnini: “Ma veramente c’è stata una guerra in Jugoslavia?”.
Il giacobbologo è il classico lettore pensionato petulante, il quale ritiene che il mondo sia la televisione, esattamente come suo nipote ritiene che il mondo sia internet, e che però solo ad alcuni iniziati sia dato sapere cosa si celi veramente dietro la superficie delle cose, esattamente come suo nipote crede solo al blog di Beppe Grillo. Per questo motivo può capitare che nonno e nipote condividano la lettura discutendola ad alta voce con grande scorno dei più previdenti fra i bagnanti che hanno già prenotato la villeggiatura per il 2013. Il pensionato petulante non lo ammetterà mai, ma segretamente spera di passare a miglior vita nel giro di un paio d’anni perché, qualora nel 2012 non succedesse nulla, non potrebbe reggere alla delusione. Il nipote è giovane, non ci pensa, tutt’al più si domanda come aggiornare il profilo su Twitter dopo l’apocalisse. La spiaggia: Gallipoli.
Se qualcuno lo sta leggendo, siete evidentemente a Capalbio.
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