Sui tassisti di Oxford, che due volte a settimana mi stanno portando da casa in ufficio e dall'ufficio a casa, potrei scrivere un libro. (Potrei se volessi; per fortuna non voglio). Tendenzialmente quelli europei (bianchi e neri) sono più gentili di quelli asiatici (indiani o mussulmani); attaccano discorso senza essere invadenti e mi consentono di scoprire faccende sorprendenti e talvolta preoccupanti nel quarto d'ora che ci vuole ad arrivare da un punto all'altro. Tutti mi chiedono cos'è successo alla gamba, ma è normale; contano di più tutte le conversazioni differenti che da lì si ramificano. Uno mi ha chiesto di dov'ero e, non contento di un generico "Italy" e di un meno generico "Southern Italy", ha prima voluto sapere il nome del paese e poi m'ha fatto un discorso da guida turistica sui Sassi di Matera e sul romanico barese. Un altro è partito dalla stessa domanda, s'è accontentato di sapere che sono del Sud e ha esclamato piuttosto a sorpresa: "Come la Salernitana!" - al che non ho saputo cosa rispondere ("Come anche il Campobasso e l'Ischia Isolaverde"?). Un terzo mi ha raccontato nel dettaglio tutti gli incidenti alle gambe che aveva avuto facendo sci d'acqua. Un quarto mi ha rivelato che due notti prima gli si era gonfiato l'alluce sinistro e aveva dovuto guidare tutto il giorno facendo pressione sui pedali col tallone. Nessuno di loro ha raggiunto la perspicacia del quinto, che senza chiedermi cosa mi fosse successo né dove né perché, è partito in quarta chiedendomi se mi piacesse vivere a Oxford e poi s'è direttamente risposto da solo: "Comunque negli anni a venire ogni volta che cambierà l'umidità e sentirai dolore all'osso rammendato ti ricorderai che ti sei rotto la gamba qui e dovunque tu sia odierai questo posto".
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