lunedì 11 ottobre 2010
Se Parigi avesse la Ghirlandina sarebbe una piccola Modena. In compenso ha la Torre Eiffel ma solo pochissimi (io) possono capire che il suo fascino non risiede nella sua forma ma nell’avvicinamento e nell’allontanamento. Passeggiando sul Pont des Arts con un collega maoista esiliato in Francia, poiché ormai nemmeno più i maoisti fanno carriera nell’università italiana, riesco a non essere vinto dalla vertigine delle fessure che sotto i miei piedi si aprono sulla Senna solo perché da qualche parte alla nostra sinistra si fa largo fra la nebbiolina un’ombra giallognola che è, scopriamo a più attenta osservazione, la Torre Eiffel che vigila sul nostro itinerario. A Parigi come a Modena è impossibile perdersi perché si è sempre protetti dalla Torre Eiffel come dalla Ghirlandina: basta scrutare l’orizzonte per capire dove si è, e quando si arriva fin sotto si vede la Torre Eiffel scomporsi e la sua slanciata sagoma universalmente nota dilatarsi in una figura che è la sua forma vera ma che nessuno sarebbe in grado di riprodurre a memoria, e si vede la Ghirlandina appiattirsi e incombere come un ponte infinitesimale fra la terra e il cielo irraggiungibile. Qui casca l’asino, diranno i miei piccoli lettori: la Ghirlandina è un campanile e come tale simbolo di Dio; la Torre Eiffel al massimo può essere simbolo di un turista giapponese con l’obiettivo a tracolla. Nossignore, invece, perché la Ghirlandina è il punto più alto e centrale di Modena, riferimento irrinunciabile e assoluto; mentre il punto più alto di Parigi è il Sacré Coeur, talmente alto che affacciandosi si vede la Torre Eiffel e ci si sente più sicuri.
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