giovedì 9 dicembre 2010
Non voglio compiere trent’anni, anzitutto perché gli italiani che compiono trent’anni diventano improvvisamente giovani: se si sposano sono dei giovani mariti, se fanno un figlio sono dei giovani padri, se scrivono un libro sono dei giovani autori e se muoiono erano giovani, che peccato. Cos’ho imparato dalla mia vita? Che sono nato in un posto dove oggi ci sono venti gradi e trent’anni dopo mi ritrovo in un posto dove per non restare congelato in mezzo alla strada devo indossare la calzamaglia come se ne avessi ottanta: che bel guadagno. D’altronde mi è stato detto di non preoccuparmi perché dimostravo trent’anni già da tempo; sarà stato perché nei due decenni scorsi, mentre i coetanei si divertivano, io mi esercitavo a diventare il più grande autore della mia generazione e oggi non posso permettermi un piano b in quanto, se pure rinunciassi all’inverosimile intento, ormai non potrei più divertirmi per raggiunti limiti strutturali (artrosi). L’anno scorso ho festeggiato da solo a San Pietroburgo, due anni fa ero andato apposta a Modena in giornata, vivendo più a portata di mano. Gli ebrei usano dire: “L’anno prossimo a Gerusalemme” e ognuno ha la Gerusalemme sua, chissà mai se ci arriverò; diciamo che sto facendo il giro largo. Non voglio compiere trent’anni ma d’altronde l’unica alternativa percorribile non sembra allettante.
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