lunedì 14 febbraio 2011
Poverine, quanto mi dispiace. Che altro dire? Io non sarò il prototipo del femminista militante ma di fronte a un evento tanto massiccio, impossibile a ignorarsi, non posso che ergere il mio sdegno a difesa della decenza, anzi a difesa della donna, delle donne (quante erano? un milione? dieci? cento?) che ieri sono state costrette a simulare pubblicamente una crisi isterica a comando, seguendo lo striscione “Indignamoci” (scritto senza la “i” perché in quanto donne hanno diritto alla creatività grammaticale, non saranno certo loro ad adeguarsi a manuali scolastici asserviti al berlusconismo imperante e magari scritti a quattro mani da Mariastella Gelmini e Alessandro Sallusti) e strillando slogan che non ho ben colto perché, confinato nella mia inferiorità maschile, essendo domenica stavo seguendo il campionato di calcio. Tuttavia non ho potuto non sapere e non ho potuto non indignarmi (anzi, se necessario, “indigniarmi”) a vedere realizzato in mille città d’Italia d’Europa del Mondo e del Sistema Solare il più mastodontico sfruttamento di corpi femminili che la storia ricordi, a scopi politici per niente limpidi, e per giunta gratis.
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