domenica 9 ottobre 2011
Ora che sono a Pavia posso tornare alla Messa latina che viene celebrata ogni domenica mattina alle 9:30 in San Giovanni Domnarum: Messa difficile perché è juxta Pium V, col celebrante voltato che farfuglia, e perché la chiesa che la alberga è nascosta in un cortile apparentemente privato per rintracciare il quale bisogna ricordarsi che è di fronte al liceo Taramelli, provvidenzialmente chiuso in concomitanza con la celebrazione domenicale; Messa resa famosa da un vecchio articolo di Carlo Rossella su Panorama e da un'adeguata analisi di Camillo Langone nella Guida alle Messe che Mondadori pubblicò un paio d'anni fa e che recensii su Stilos per festeggiarne la seconda ristampa. Oggi però, solo oggi e indipendentemente dall'individuo specifico, mi è venuto in mente che oltre alla miglior rappresentazione della sacralità, oltre alla perfetta gestione dei silenzi, oltre che al richiamo di una tradizione che è stato quantomeno astruso mettere fuori legge per cinquant'anni, oltre al latino che è meglio dell'italiano e soprattutto dell'inglese, oltre ai paramenti non inquinati dall'iconoclastia né dall'iconomania, oltre alla provvidenziale salvezza dai canti simil-sanremesi con cui la Chiesa post-conciliare ha tentato di sabotarsi, c'è un motivo preclaro che mi porta a scegliere con sempre maggior convinzione la Messa juxta Pium V: non vedere la faccia del prete favorisce la verosimiglianza del sacramento.