Proprio nei giorni in cui la massima attenzione delle testate nazionali è rivolta alle date italiane del tour di Paul McCartney, l'editore Robin pubblica un libro che vanta di essere "il più completo dossier sulla 'morte' di Paul McCartney". Questa presunta morte costituisce da quarant'anni una delle più inquietanti leggende di doppelganger e viene alimentata con indizi a decine che sarebbero sparsi nella produzione dei Beatles e altrove; personalmente è una delle cose che trovo più impressionanti al mondo e ne scrivo con qualche brivido. Secondo la macabra vulgata, McCartney sarebbe morto in un incidente stradale nel novembre 1966 e sarebbe stato sostituito da un sosia, leggermente più alto di lui, che ne avrebbe preso il posto in tutto e per tutto nella futura produzione del quartetto. Abitualmente però non si tiene conto di un dettaglio decisivo. Se i Paul McCartney sono due, vuol dire che c'è un McCartney I che ha inciso Please please me, A hard day's night ed Every little thing, e un McCartney II che ha inciso She's leaving home, The fool on the hill e Maxwell's silver hammer; di conseguenza direi che, chiunque egli sia, io sono un fan del secondo.
(Detto questo, riguardo alla leggenda io mi attengo alla risposta dello stesso McCartney alla giornalista che gli chiedeva: "Cos'ha da dire ai sostenitori della teoria secondo la quale lei sarebbe morto?" "Che sono vivo").