domenica 18 dicembre 2011

Ieri pomeriggio, invece di progettare di scrivere queste parole, avrei dovuto essere a Modena per incrociare a sorpresa Michela Murgia che  presentava il suo volume alla biblioteca Delfini, e per fare inoltre le solite cose che d'abitudine si fanno a Modena, a cominciare dal sostituire i pasti con gli aperitivi. Avevo intenzione di andare e tornare in giornata (essendo necessario che trascorressi questa domenica a Pavia) prendendo il treno delle 9:04 e rientrando con quello delle 20:25. Non l'ho fatto. Un impegno che si era protratto fin quasi a mezzanotte al venerdì sera mi aveva costretto a svegliarmi al mattino dopo intorno alle 9:10, ciò che rendeva ardimentoso acciuffare il treno delle 9:04, foss'anche in pigiama. Un ulteriore possibile treno mi attendeva alle 13:02 ma più passavo la mattinata sbrigando commissioni meno mi attraeva l'idea di trascorrere in treno due ore e mezza, arrivare a Modena alle 15:32, rimanerci per quattro ore e cinquantatré minuti, ripartire alle 20:25, trascorrere in treno altre due ore e mezza, arrivare a Pavia alle 22:56 e strisciare verso il mio letto con mezzo fine settimana già alle spalle e la domenica rovinata a priori dalla sveglia del lunedì.

Tutto ciò non meriterebbe di essere riferito se qualche anno fa, diciamo tre, una giornata del genere non fosse solamente stata alla mia portata ma non mi avesse addirittura riempito di entusiasmo e sollievo. Erano tempi in cui non mi pesava alzarmi alle sei della domenica mattina per incontrare la fidanzata a Verona alle dieci e indi ritornare a Pavia in tempo per la pizza vespertina con posticipo sulla pay-tv. Oggi mi basta leggere "Verona" su una carta geografica perché mi assalgano spossatezza e disfattismo. Erano tempi in cui la sera dell'8 dicembre decidevo al volo che l'indomani sarei andato a trascorrere il compleanno a Modena e quando tornavo, la sera dopo, invece di un anno in più me ne sentivo tre in meno.

Quest'anno invece non sono riuscito a spostarmi più in là di piazza Vittoria, per il mio compleanno, trascorrendolo inevitabilmente a calcolare quante persone se ne dimenticavano via via: rispetto a quando avevo, che so, otto o nove anni la percentuale è in continuo calo; un po' come l'editoria, che  stata in crisi dal momento in cui Gutenberg licenziò la prima Bibbia.

Quest'anno per la prima volta le ex fidanzate che hanno dimenticato il mio compleanno sono state più di quelle che se ne sono ricordate; ma è endemico, più passa il tempo più le ex fidanzate aumentano (o, più scientificamente: le fidanzate passano, i compleanni restano; finché non arriva un giorno in cui i compleanni cessano e le fidanzate diventano in qualche modo mezze vedove). Di per sé non mi ha tanto preoccupato questo quanto l'impreveduto effetto di un trucco autolesionista che andavo escogitando da tempo. Quatto quatto, il 7 dicembre ho imposto a facebook di non mostrare più pubblicamente la mia data di nascita; ciò di conseguenza blocca il programmino che segnala a tutti i tuoi contatti quando arriva il tuo compleanno. E' stata una carneficina, non credevo tanto: c'è chi se n'è ricordato un giorno dopo, chi se n'è ricordato due giorni dopo perché gliel'aveva ricordato chi se n'era ricordato un giorno dopo, chi se n'è ricordato una settimana dopo, chi mi adora e non se n'è ricordato affatto, chi dice di adorarmi e se n'è ricordato ancor meno; c'è anche chi mi ha chiamato al mattino del giorno giusto per scusarsi credendo che la ricorrenza cadesse il giorno prima. Vi risparmio altri dettagli più cruenti.

Il punto non è calcolare col bilancino chi ci tenga a me e quanto (non è il caso; scrivo molto vicino a una finestra e, in caso di necessità, potrei rompere il vetro per uscire) ma notare quanta parte del nostro cervello è stata divorata da facebook, tanto che se esso non ci ricorda del compleanno di un amico allora detto compleanno non esiste più. Fa bene Obama a proibire facebook alle proprie figlie; è la prima cosa sensata che fa da quando è stato eletto. E' il Presidente degli Stati Uniti nonché Commander in Chief e può permettersi di impartire ordini. Voi che (presumo) non siete presidenti di una mazza, nel vostro piccolo potreste approfittare del Natale per regalare a ogni amico un'agendina dopo averci evidenziato la data che vi preme.

Dunque non solo la gente si dimentica; non solo invecchio tanto che non mi riesce più di pensare di andare a Modena in giornata senza che mi colga un preventivo attacco d'artrosi; non solo dai trentuno ai quaranta è tutta discesa e dopo i quaranta c'è solo la morte, anzi le tasse e la morte. Per giunta il 10 dicembre vado a comprare il giornale e l'edicolante che mi serve (una bella signora snella che potrebbe anche permettersi di non indossare il berretto da Babbo Natale quand'è in servizio sotto le feste), al mio ennesimo "mi scusi" o "la ringrazio", sbotta: "Ma mi dai ancora del lei? Dammi del tu ché siamo coscritti". Poi commette l'errore fatale di domandarmi: "Te di che anno sei?"; e prima ancora che io finisca di risponderle "Millenovecentottanta" lei ha già dichiarato: "Io del Sessantasei", rendendosene conto quando è troppo tardi.