sabato 17 marzo 2012
Alla fin fine era prevedibile: dagli oggi e dagli domani, prima con la questione dell'appoggio a Hitler, poi con la questione della teologia della liberazione, poi con la questione dei lefebvriani, poi con la questione dello Ior e di Marcinkus, poi con la questione di Emanuela Orlandi, poi con la questione della morte misteriosa di Giovanni Paolo I, poi con la questione del gay pride nell'anno giubilare, poi con la questione della morte misteriosa di Giovanni Paolo II, poi con la questione dei parroci pederasti, poi con la questione del sacerdozio femminile, poi con la questione dei preti che vanno a marchette, poi con la questione dei goldoni, poi con la questione delle agevolazioni alla scuola privata, poi con la questione delle insubordinazioni del clero mitteleuropeo, poi con la questione delle insubordinazioni del clero nordeuropeo, poi con la questione dell'esenzione dall'Ici, poi con la questione dell'abbé Pierre, poi con la questione di Milingo, poi con la questione di Williamson, poi con la questione di don Verzè, poi con la questione di don Mazzi, poi con la questione di monsignor Betori, poi con la questione di Nanni Moretti, poi con la questione di Vatileaks, poi con la questione dei precari equilibri geopolitici in conclave, poi con la questione degli omosessuali che hanno diritto alla vita familiare, poi con la questione di Freccero che accusa Libero di essere lo scagnozzo dei cardinali pedofili, mentre tutti cianciano sulla questione delle eventuali o praticabili o auspicabili dimissioni del Papa, ecco che arriva un bel giorno e - patapìm - si dimette l'arcivescovo di Canterbury, primate della chiesa anglicana. È proprio vero che non praevalebunt.