lunedì 12 marzo 2012
Tanto per cominciare ieri mattina mi sono svegliato alle otto, con la luce del sole che traspariva fra gli infissi, e mi sono concesso un'abbondante colazione con merendina, yogurt, pane e nutella e due - dicasi due - cappuccini. Poi sono andato alla Messa in Latino di San Giovanni Domnarum dove, attenzione, non si segue la traduzione retroattiva del messale di Paolo VI (quello postconciliare) ma proprio l'originale di Pio V (quello controriformista e tridentino), completo di celebrante di spalle, Attende Domine all'introibo, cornu epistolae e cornu evangelii. Poi ho letto la Gazzetta dello Sport, il Corriere della Sera, la Lettura del Corriere della Sera, la Domenica del Sole 24 Ore e addirittura una nota testata che si chiama come un noto dialogo di Platone. Poi mi sono messo vicino alla finestra aperta e mi sono dedicato al corposo Mademoiselle O di Adam Thirlwell, con una breve interruzione per l'Angelus alla radio. Quindi mi è stato servito il pranzo: tortellini, stinco, mela rossa e quadratone di cioccolata fondente. Ho ascoltato la fine di Bari-Reggina, con goal vittorioso in extremis, e poi sono uscito a prendere un caffè in piazza Vittoria con Plinio il Vecchio, il cui significativo soprannome mi è di perenne monito in quanto io sono nato il giorno prima. Visto che doveva provare il grandangolo o non ho ben capito cosa della nuova macchina fotografica, l'ho accompagnato attraverso i vicoli più soleggiati di Pavia fino alla chiesa di San Teodoro, dove i soggetti da immortalare abbondano: l'abside che impone una curva alla strada per arrivarci, un affresco con Sant'Antonio Abate, completo di cinghiale, che benedice (di spalle però) la pianta topografica di Pavia in quello che a occhio sembra il XV secolo in quanto non c'è ancora l'antico palazzo dove vivo, una serie di tre pecore dal viso semita, il fumetto in stile Signor Bonaventura della celebre battaglia franco-spagnola del 1525 e così via. Fuori da San Teodoro si possono fotografare i telamoni di casa Sfondrini, un maschietto e una femminuccia che nonostante l'erosione dei secoli chiaramente si masturbano di fronte alla facciata della chiesa presumibilmente in segno di spregio, o forse di stima, chi può dirlo. Poi sono andato a teatro per guardare Emilio Solfrizzi e Lunetta Savino che proponevano tre atti unici del 1970 di Michael Frayn. Nonostante che fossi costretto a presentarmi in cappotto, giacca e cravatta in quanto sedevo in platea fra le più incartapecorite sciure dell'alta borghesia pavese, e nonostante che la signora di fianco a me non abbia mosso muscolo (forse deceduta) per tutto il corso della commedia, e nonostante che secondo autorevoli pareri l'allestimento fosse datato, ritrito, prevedibile, sciatto, fuori sincrono rispetto alle vigorose esigenze delle angosce contemporanee, nonostante tutto questo ho riso per due ore tanto che alla fine volevo saltare sul palco per abbracciarmi e baciarmi sia la Savino sia Solfrizzi, che avevo visto per la prima volta a teatro in terza media, quando ancora entrambi parlavamo soprattutto in dialetto. Poi ho preso un aperitivo con la signorina più bionda che conosca, e qui mia madre farà delle illazioni sul fatto che sto ripopolando il mondo a colpi di figli illegittimi; ma d'altronde, se avessi omesso la riga in questione, avrebbe fatto illazioni sul fatto che forse forse sto diventando ricchione. Poi mi hanno servito la cena: ancora tortellini (erano avanzati ma erano anche buoni), carpaccio, mela verde e ampia scelta di dessert fra crostata ai mirtilli, cannoncini alla crema e torta al cioccolato. Ho preso tutto. Poi sono tornato in camera a guardare un film, una commedia stupidina ma che poteva venire peggio su due coinquilini, maschietto e femminuccia come i telamoni di casa Sfondrini, che decidono di girare un film a luce rossa per pagare un cospicuo novero di bollette arretrate, con tutte le disavventure che ne conseguono, innamoramento compreso. Poi mi sono infilato a letto guardando la Domenica Sportiva, ossia venendo guardato dallo sguardo sbarrato e fisso in camera di Paola Ferrari, finché non mi sono addormentato verso la mezzanotte lasciandomi cullare dagli autorevoli commenti di Fulvio Collovati a Lazio-Bologna 1-3. Tutto questo per dire che, non so i miei coetanei, ma se un giorno io me ne esco con un arrabbiatissimo romanzo di protesta generazionale, in cui vi chiedo di compatirci perché non abbiamo soldi, e non abbiamo lavoro, e non abbiamo famiglia, e non abbiamo speranze, e la vita è brutta, e il mondo è cattivo, e le persone sono deformi, sappiate sin d'ora che vi sto vendendo una fregatura.