Il diario intimo dell'Europeo
Domenica 17 giugno
h 20:45 Danimarca-Germania
e Portogallo-Olanda a Pavia
Quando meno me l’aspetto, facciamo a risultato conseguito
con i tedeschi che sono riusciti a dissipare gli spettri di un pareggio poco dignitoso
e con i loro biondi confinanti che stanno rimpiangendo il goal subito giorni
prima a tempo scaduto contro il Portogallo senza il quale, secondo calcoli
oltremodo complicati che esercito in scioltezza seduto sul materasso in mutande
per il gran caldo, si sarebbero qualificati loro anziché i portoghesi medesimi,
dicevo quando meno me l’aspetto e pare che la mia principale preoccupazione sia
di stabilire more geometrico la portata dei rimpianti dei danesi, il che è
tutto dire visto che della Danimarca me ne frego ben poco e anzi mi sta abbastanza
antipatica dopo l’accidentale pareggio contro la Svezia che otto anni fa servì
a entrambe per eliminare l’Italia secondo calcoli complicatissimi che qui
nemmeno tento di riprodurre tanto non me li ricordo e che anzi mi spaventano in
prospettiva visto che di similari e ancora più complicati bisognerà farne la
sera successiva, di nuovo per l’Italia, con all’orizzonte un’altra eliminazione
combinata con un pareggio fra contendenti estranee al campo in cui si gioca,
dicevo cazzarola che quando meno me l’aspetto, sul materasso, in mutande, mi
affiorano sulla res cogitans due pensieri. Il primo è: ma tutti questi calcoli
di complicazione sesquipedale su goal fatti e goal subiti, classifica avulsa e
differenza reti, non mi faranno mica male, e non saranno mica disdicevoli in un
uomo di trentuno anni compiuti con annessa dignitosa pancetta? E poi, secondo
pensiero: ma ci rendiamo conto che vent’anni addietro stavo guardando un’altra
Danimarca-Germania, che fungeva da finale per la medesima competizione, e che
tutti i giornali hanno tirato fuori con la retorica d’ordinanza ma come se
fosse un affare risalente a infinito tempo addietro o un relitto dello
spaziotempo mentre io la ricordo distintamente e come una cosa presente e viva,
dalla quale non è passato tanto tempo, tutt’al più un ventennio piuttosto
elastico? Allora ho lasciato perdere lo scorporo incrociato dei risultati delle
due partite giocate in contemporanea davanti ai miei occhi e, ognora fiero
delle mie mutande mi sono messo a ragionare che mica questi vent’anni mi
sembrano corti perché ho interesse a mantenermi giovane mentre al contrario i
giornali, essendo istituzioni impersonali che devono darsi un tono, tendono a
dilatare i tempi per ascriversi una tradizione che conferisca autorevolezza
alla testata; macché. In verità i vent’anni intercorsi fra una Danimarca-Germania
e l’altra tendo ad accorciarli perché io sono rimasto sempre lo stesso mentre
il mondo circostante è cambiato non poco rispetto all’estate della seconda
media: il luogo dove vivo, la struttura della giornata, il cibo che riesco a
digerire, le ore di sonno necessarie a risvegliarmi, l’attitudine ai libri, la
vicinanza coi parenti, la necessità delle spese, tutto è cambiato a mia insaputa
e all’altro capo del ventennio siamo rimasti in tre: Danimarca-Germania, i
calcoli controfattuali per capire chi passa il turno e io, che darei non so
cosa per poter precipitare da capo in un contesto di beata irresponsabilità,
per poter tornare anche una settimana soltanto in seconda media, però col
dottorato già in tasca.