Se gli Italiani si limitassero a essere stupidi si vivrebbe tranquilli in questo Paese, magari utilizzando Carlo Maria Cipolla e Fruttero & Lucentini come armi di basilare difesa; invece siamo un popolo estroso, che tende a strafare, incapace di essere stupido senza presumere di essere oltremodo intelligente. Ad esempio, all'improvviso tutti hanno capito che l'unica maniera per risolvere i guai causati dal sisma in Emilia fosse cancellare la parata militare di oggi a Roma, e hanno iniziato a parlarne con l'aria saputa di congiurati consapevoli di essere vittime di un complotto in cui magari c'entrava qualcosa anche il Papa in trasferta a Milano. Io sarò più stupido di loro ma non ho capito alcune cosette.
1) Non vedo i vantaggi economici della cancellazione. Presumo che le parate militari vengano pagate con soldi stanziati in anticipo; non è che a parata conclusa arriva un generale e presenta il conto a Napolitano. Mica siamo in pizzeria. Caso mai avrebbe potuto avere senso decidere di devolvere ai terremotati gli stanziamenti per la parata dell'anno venturo, con la complicazione che l'1 giugno 2013, all'annuncio che la tradizionale parata del giorno seguente non avrà luogo, gli stessi italiani si sarebbero chiesti increduli: "Quale terremoto?" - e magari avrebbero pure protestato.
2) Non vedo i vantaggi psicologici della cancellazione. Nessuno più dei militari ha a che fare quotidianamente con l'idea di morte e di conseguenza le loro parate tutto sono tranne che delle gran feste. Sono un misto fra la commemorazione dei commilitoni morti e la riunione in assetto solenne per fare quadrato e rassicurarsi di fronte all'evenienza di fare la stessa fine. Non credo che la sfilata di migliaia di uomini con una parte del cervello costantemente dedicata al lutto possa offendere il dolore per i morti emiliani. Possono tutt'al più dare l'esempio.
3) Non vedo i vantaggi politici della cancellazione. Fra le poche cose che tengono in piedi una nazione c'è la certezza che determinate cose permangono costanti nonostante le contrarietà: si chiamano istituzioni e hanno un valore simbolico che permette di non sentirsi imprigionati nelle avversità del quotidiano. Cancellare la parata avrebbe significato dichiarare la sconfitta, l'impotenza; avrebbe veicolato ai terremotati il messaggio: "Noi non possiamo fare niente di positivo per voi perché il terremoto ci ha annichiliti". Sarebbe stata anche, temo, una dichiarazione ipocrita, un fare i drammatici con le tragedie degli altri. Sarebbe stata soprattutto l'ammissione del cupio dissolvi più disfattista, come a dire che lo Stato - già pericolante - s'è squagliato del tutto e quindi non ci si può aspettare niente di niente.
Ecco, i ragionamenti degli italiani sono talmente fallaci che io monarchico mi sono ridotto a dover difendere la festa della repubblica; ora dovrò come minimo ascoltare settanta volte sette la Marcia Reale per riavermi.