venerdì 10 gennaio 2014

Ieri rientrando a piedi dall'ufficio ho visto sbucare dalla cappa di nuvole grigie all'orizzonte una sagoma che zampettava sicura su tacchi alti calpestando le gittate di cemento e scansando con baldanza gli pseudo-ciottoli che caratterizzano il medioevo contemporaneo di Pavia. Sembrava che conoscesse la città a menadito e l'avesse mappata per estrapolare tutti i possibili itinerari che le consentissero di non spaccarsi le scarpe e conseguentemente di non perdere dignità sfracellandosi al suolo. L'ho guardata avvicinarsi mentre avanzava soave, notando che non recava nessun segnacolo di impiego lavorativo: non una cartellina, non un portatile sottobraccio, non un telefonino da compulsare col pollice; aveva i capelli in ordine perfetto e di sicuro le due cose erano correlate. La gonna era dotata di un orlo di pizzo dal quale spuntavano due polpacci che erano due fusi; il seno era fiero ma minuto, presente ma non ostentato; gli occhi mi hanno guardato diritto, si sono abbassati per un picosecondo, sono tornati a guardarmi e prima che io attaccassi discorso mi ha chiesto lei: "Scusi, posso chiederle un'informazione? Cerco la mensa del collegio Fraccaro". Dopo che le ho spiegato come girare l'angolo ha sorriso e ha detto "Ti ringrazio" dandomi la seconda persona perché ogni passante è un estraneo ma un cavaliere non più; poi se n'è andata nella direzione che le avevo indicato zampettando sicura sui tacchi coi fusi che sporgevano dal pizzo, seguendo indefettibilmente l'itinerario descritto dalle gittate di cemento, allontanandosi verso la cappa grigia dell'orizzonte opposto e lasciandomi in cuore la gioia di una bella notizia: ieri da Pavia in via del tutto eccezionale è passata una donna.