venerdì 24 gennaio 2014

Se invece andate adesso sul sito di Tempi trovate scritto quanto segue:

La notizia più importante di ieri è quella giunta da Bologna, di cui parlava Luca Doninelli sul Giornale, riguardo alla professoressa che aveva severamente redarguito una propria alunna sorpresa, mentre passava un'ambulanza, a farsi il segno della croce. Il segno della croce, come sappiamo, è oltremodo offensivo per tutti i nostri amici che non credono nelle stesse sottigliezze metafisiche in cui ci rifugiamo noialtri pertanto noi, volendo molto bene a questi amici, non abbiamo diritto a segnarci se non in privato, di nascosto, quando siamo sicuri che nessuno si vede nemmeno col binocolo. Dov'è allora la novità? Nel fatto che stavolta la professoressa redarguente non ha avuto una reazione alla Adel Smith, non so se ve lo ricordate, quello che andava negli ospedali a lanciare i crocifissi dalla finestra perché gli facevano impressione; la buona professoressa ha invece cercato di andare incontro alle istanze della propria allieva proponendole un saggio compromesso. Quando passa l'ambulanza, le ha detto in buona sostanza, se proprio ti scappa da farti il segno della croce trattieniti e tocca ferro, così non offendi nessuno. Pensate cosa le avrebbe detto se la studentessa fosse stato uno studente.

Quest'abile mossa diversiva suggerita dalla professoressa mi ha finalmente fatto prendere atto del mio limite intrinseco, che mi impedisce di dialogare con cotali progressisti. Io ho infatti sempre erroneamente creduto che quando passava un'ambulanza, oppure un carro funebre, farsi il segno della croce fosse un modo di affidare al Signore il corpo e l'anima dello sconosciuto della cui sofferenza avevamo una testimonianza diretta e impossibile da ignorare, accompagnata com'era da sirena e/o corone di fiori. Invece la professoressa m'insegna - d'altra parte le professoresse sono fatte apposta per insegnare - che il segno della croce in tali circostanze ha valore apotropaico; uno si segna per scongiurare di finire in un'ambulanza o in un carro funebre, e chi c'è sdraiato dentro peggio per lui, saranno fatti suoi. Essendo refrattario non sono riuscito subito a cogliere la portata rivoluzionaria del progressismo civile: preoccuparsi sempre di casi generici al plurale, come i migranti e gli omosessuali; oppure di casi storici, come i partigiani e gli ebrei, però quelli morti nei campi di concentramento e non quelli vivi in Israele; oppure di casi lontani, lontanissimi, la Cambogia, l'Eritrea, le Filippine. Ma se per un malaugurato caso vicino a me vedo qualcuno che sta soffrendo, una strizzatina ai coglioni e passa la paura.