Non ne potevamo fare a meno: è uscito il libro di Cécile Kyenge, Ho sognato una strada (edizioni Piemme). Il volume presenta un'interessante novità stilistica già nel prologo, diffuso in anteprima sui quotidiani nazionali. Si racconta di una diciannovenne modenese, Vanessa, in procinto di recarsi in Comune per sposare il suo grande amore Said, ventiquattrenne di provenienza incerta: "Il cuore batte forte, fra pochi minuti potrà salire le scale del municipio e coronare il suo sogno". Ed ecco che il prossimo ex ministro dell'integrazione piazza lo scarto stilistico che nessuno si aspetta: la madre della sposa viene chiamata suocera ma, attenzione, fra virgolette, quindi non suocera ma "suocera". Chiaro, no? Ora, le virgolette sono uno dei più evidenti e diffusi sintomi dell'ignoranza: vengono spesso utilizzate dagli agricoltori che quando si piazzano col tre ruote a un angolo per vendere fichi e meloni scrivono a pennarello su un cartone "fichi" e "meloni" fra virgolette, come a significare che si tratta sì di fichi e di meloni ma solo fino a un certo punto.
Escludo tuttavia anche la sola ipotesi che un Ministro della Repubblica possa essere ignorante; tanto più se iscritto al Partito Democratico. Ne consegue che l'utilizzo delle virgolette intende ammiccare al lettore. Significa dunque che quando scrive "suocera" la Kyenge non vuol dire esattamente suocera ma rimandare a un significato ulteriore del termine, per quanto non si capisca bene quale: la suocera è la madre della sposa e nel suo libro, che immagino tutto bellissimo come la prima pagina che ho letto con commozione, la Kyenge utilizza il virgolettato "suocera" proprio per significare la madre della sposa. Perbacco. Cosa sta cercando di dirci il ministro, anzi, cosa sta cercando di dirci il "ministro"? Forse che sta utilizzando "suocera" fra virgolette per detonare il termine, renderlo meno sgradevole all'intelletto. Sa che le nostre nozioni sulle suocere sono poco entusiasmanti e sa che il luogo comune vuole le suocere invadenti, petulanti, insopportabili - come in effetti sovente si rivelano, se non immancabilmente. Allora la Kyenge, volendo dare un nome alla madre della sposa, e questo nome essendo inequivocabilmente suocera, per parlare della madre della sposa la chiama "suocera" fra virgolette nel tentativo di chiederci di fare uno sforzo, spingendoci a immaginare questa "suocera" fra virgolette diversa dalla consueta idea di suocera senza virgolette, una "suocera" che non è né invadente né petulante né insopportabile così come invece la ragione e l'esperienza ci hanno insegnato che le suocere effettivamente sono. Una "suocera" immaginaria.
Sarà un caso, ma l'unica altra parola virgolettata in tutto il prologo è "clandestino".
[Io non ho nulla contro la Kyenge ma vi conviene rileggere ciò che ho scritto di lei lo scorso 16 gennaio, il 3 agosto e il 30 luglio.]