domenica 30 novembre 2014

Exegi monumentum secondo Costanza Miriano, che è la più complimentosa e su twitter sponsorizza il mio pezzo sulla resa amara dei cattolici e sulla preparazione alla vita nei boschi, uscito venerdì sul Foglio, definendolo magnifico, magistrale, monumentale per amor di anafora consonantica. Qualcuno le risponde dicendo che manca l'apologia del Sillabo e di Torquemada, nonché accusando (non si capisce se lei o me) di avere per eroe Vladimir Putin, il cui nome evidentemente emerge da una lettura cabalistica della combinazione alfanumerica dell'articolo in quanto non viene mai tirato in ballo.

Poiché non è necessario andare d'accordo per leggere commenti sensati, Michela Murgia argomenta su facebook: Antò, come sempre contribuisci alla mia riflessione anche quando ne sei lontano anni luce, se non fosse che l'evocazione del "non praevalebunt" sottende l'inscalfibile presunzione che sulla barca di Pietro ci sia il TUO sentire, in splendida solitudine o in risicata compagnia. A volte penso che questa facilità ad ascrivere tra i marosi minacciosi chi la pensa altrimenti sia una voluta menomazione del ruolo evangelico di Cristo nell'ultimo giudizio: i capri dalle pecore e il loglio dal grano non spetta a noi separarli qui, pena notevoli sorprese. Lo stesso vale per il commento di uno studente di Oxford che non ritiene pericoloso sporgersi: Solidarietà. Il "pensiero unico" - nello specifico, il presentarsi come "buon senso" negando la dimensione ideologica, e come "in pericolo" nonostante stia stravincendo in tutto l'occidente - è insopportabile pure per me che in buona parte vi aderisco. Come "nemico" dev'essere sconfortante.

Sul sito Notizie Pro Vita (direttore Antonio Brandi) il mio pezzo viene riportato per intero ma con l'aggiunta di una postilla mutuata da Tolkien, secondo il quale è giusto combattere per il buono che c'è nel mondo: Ha ancora senso difendere la vita, la famiglia, la natura razionale dell’umanità? Antonio Gurrado è un collaboratore de Il Foglio che ha pubblicato recentemente sul suo blog una riflessione profonda e amara a proposito di coloro che sui temi etici (ancora) difendono i “valori non negoziabili” come tali. Ci sembra meritevole di considerazione anche da parte dei nostri lettori. Vorremmo solo provare a dargli una coloritura un po’ più ottimista. Se è vero e sottoscrivibile che c’è tutto il male che l’autore descrive, noi crediamo altresì, e ne siamo convinti, che “c’ è del buono in questo mondo”. C’è una maggioranza silenziosa che non si lascia traviare dalle idee che in senso lato vanno contro la natura, perché sono irragionevoli, e l’uomo è un soggetto razionale.

Fra i commenti giunti alle pagine virtuali del Foglio, qualcuno approva, qualcuno ribatte di non avere intenzione di arrendersi perché la vita è una lotta, qualcuno tira con grande pertinenza in ballo la sentinella in piedi travestita da nazista, qualcuno dice che costringere per legge a non peccare non è cristiano, qualcuno sostiene che anziché parlare di resa amara e whisky Ferrara dovrebbe parlare di Patrizia D'Addario, lasciando intendere che "Antonio Gurrado" sia lo pseudonimo del direttore, prospettiva lusinghiera ma temo discrepante alquanto dalla realtà dei fatti. Ieri sono inoltre state pubblicate due lettere sull'edizione cartacea mirabili per sintesi, e le riporto per intero. Mark Bosshard scrive: Sull’amara resa di Antonio Gurrado. La pura – e triste – verità. Aggiungo solo una cosa, ovviamente in peggio: questa cultura porta come sottoprodotto inevitabile una crescente invasività dello stato nella sfera privata (non foss’altro perché lo stato deve finanziare con le tasse la trasformazione in diritto di qualunque pretesa avanzata dalle varie minoranze). Dunque – per molti – la prospettiva è ben peggiore di quella che viene prefigurata nell’articolo: il “buen retiro” è consentito infatti solo ai conservatori che se lo possono premettere, mentre tutti gli altri dovranno sputare sangue per il resto della loro vita per finanziare le pretese insaziabili di un modello di società che detestano. Dunque, per i primi c’è solo il danno (morale), per i secondi anche la beffa (economica). Ilio De Santis, invece: Su Gurrado. Tutto limpido, giusto e sacrosanto. Ma osservare il mondo credendo di essere parte del “resto d’Israele” appare terribilmente snob.

Molti, i più intelligenti, meriterebbero repliche e precisazioni ma uno che si arrende a fare, se poi deve anche rispondere?