venerdì 5 dicembre 2014
Oxford, Cambridge, MIT, Stanford, London School of Echonomics... Insomma, le solite: la notizia del giorno è che le università uscendo dalle quali è statisticamente più facile trovare lavoro sono sempre le stesse, quelle che vi sarebbero venute in mente a intuito senza bisogno di studi approfonditi dei QS World Unviersity Rankings. Considerare le rette è più interessante. Mentre per iscriversi alle università americane si spende fra i 45.000 e i 60.000 dollari, l'Ansa riporta la notizia che per Oxford e Cambridge bastino 9.000 sterline l'anno, grossomodo un quinto: per essere certi di trovare lavoro, in Inghilterra si spendono 10.000 euri contro i 50.000 americani. Ma qui casca l'asino (anche se laureato) perché la retta indicata per le università inglesi copre solo le tasse statali mentre per essere iscritti a Oxford o a Cambridge è obbligatorio essere membri di un college, privato, per pagare il quale in tutte le sue diramazioni più perverse se ne vanno come minimo 20 se non 30.000 euri all'anno. Questo rende le grandi università inglesi non troppo difformi da quella di Singapore, decima nella graduatoria di oggi, dove un anno può costare anche 129.000 dollari singaporegni, che sembrano incommensurabili a fronte delle 9.000 ingannevoli sterline ma sono in realtà solo 80.000 euri, ossia il doppio di quello che uno spende in Inghilterra sommando anche la retta del college. In più l'esorbitante retta di Singapore è applicabile agli iscritti stranieri, mentre il tetto di 9.000 sterline di tasse statali è applicabile solo agli studenti britannici. Tutto questo impallidisce di fronte al dubbio se nell'animo degli studenti, non dico di Singapore ma almeno in quelli inglesi, baleni mai l'intuitiva domanda: ma con tutto quello che spendo per gli studi, dopo devo anche lavorare?