Ieri sera ero tutto ammirato da una brevissima recensione nel tradizionale dorsetto culturale sul Guardian del sabato, in cui Il libro delle cose nuove e strane di Michel Faber (Bompiani) viene raccontato in trenta righe dal punto di vista della moglie del protagonista nonostante che il romanzo sia scritto dal punto di vista del marito - quand'ecco che subito sotto ho scorto qualcosa di ancora meglio. Yes Please dell'attrice scollata Amy Poehler viene recensito da Laura Miller in questi termini:
Viene presentato su pagine stampate infilate fra due fogli cartonati a mo' di copertina; pertanto, tecnicamente parlando, è un libro. Tuttavia è il tipo di titolo cui nell'ambiente editoriale si fa talvolta riferimento come "non-libro", nel senso che ha poche delle qualità che la gente libresca abitualmente ama ritenere esemplificative dell'oggetto. Non è un atto di scrittura coerente e ben ordito attorno a una storia o a un argomento. Viene difficile immaginare qualcuno che riesca a trovare un senso in parti di esso, o addirittura a leggerlo tutto.
Purtroppo non conoscevo prima Laura Miller e purtroppo l'impietoso Google mi svela stamattina che si tratta di una lettrice professionista che scrive anche per Slate, New Yorker, Harper's Magazine. Peccato. Per tutta la notte avevo sognato che si trattasse dello pseudonimo con cui Fabio Fazio si vendicava di tutta la melassa che a Rai 3 gli fanno da anni riversare su libri e non libri.