Così alle nove meno cinque di ieri mattina ero già al centro di Oxford, che dista un quarto d’ora abbondante da dove abito, a setacciare edicole in cerca dell’edizione del giorno prima del quotidiano rosa e italiano, che non è mica facile a trovarsi come si potrebbe presumere. Il rimpianto di non essere in Italia è stato enorme, al solo pensiero che – a Modena o a Gravina o dovunque – mi sarebbe bastato scendere un piano di scale per farmene sbattere in faccia svariate copie. In nottata avevo dormito poco, ricordandomi di quando al mattino del 10 luglio 2006 mi sono alzato leggermente tardi e non è stato possibile trovare una copia che fosse una della Gazzetta dello Sport. L’edizione storica, il giorno dopo la vittoria del Mondiale.
Che poi in Inghilterra dai giornalai è facile trovare panini, bibite, gelati, spazzolini per i denti, immigrati pakistani, whatever ma un giornale un po’ più complicato degli altri diventa quasi introvabile. Nulla di più facile che comprare il Guardian e sentirsi rispondere: “Vuole anche un Toblerone?”, o “Vuole anche una borsa per il computer portatile?”. Una volta, come ricorderanno i miei lettori più affezionati (se mai ce ne sono), mi era capitato di chiedere a un giornalaio di cambiarmi una banconota in cinque monete e lui mi rispose chiedendomi se volevo anche farmi tagliare i capelli. Dovrei fra l’altro farmi tagliare i capelli, ora che ci penso, ma stamattina ero alla ricerca di giornalai che vendessero la Gazzetta dello Sport di ieri, fatto salvo il giorno di ritardo per farla arrivare a Oxford dall’Italia, e non di un barbiere dilettante.
Il 10 luglio 2006 invece, venendo fedelmente accompagnato da Snupi (che come ricorderanno i miei lettori più affezionati, se mai ce ne sono, non è un bracchetto bensì una mia collega), mi ero spinto alla ricerca dell’italianissimo quotidiano rosa lungo la via Emilia – partendo, per chi ha presente Modena, dall’altezza dell’incrocio con via Roma, cioè la strada che porta al Palazzo Ducale o Accademia – fino ad arrivare oltre l’ospedale, praticamente a piedi fino a Bologna, chiedendo a ogni edicola se avevano il quotidiano rosa e italiano e sentendomi rispondere che l’avevano esaurito prima delle nove, rinfocolando a ogni stazione il mio scoramento.
Così ieri mattina, alle nove meno cinque, ero già alla ricerca delle due o tre copie della Gazzetta dello Sport che vengono sparse, senza alcun criterio alcuno, in giro per Oxford. Già che c’ero, ne ho approfittato per comprare anche il Guardian (poiché non di solo Milan vive l’uomo) e ho scoperto immantinente che – non nella sezione degli avvenimenti internazionali, che è accuratamente nascosta sul fondo, ma a pagina 3, non appena sfogliata la prima pagina – mentre io cercavo un po’ di patria nel quotidiano rosa e italiano, la patria era venuta a trovare me nel quotidiano pallido e inglese.
A pagina 3 del Guardian, dunque, campeggiava una foto enorme di Andrea Rivera e una più piccola del Papa. E chi è? Il Papa è Benedetto XVI ed era Joseph Card. Ratzinger. No, l’altro. Andrea Rivera è Andrea Rivera; io, che come ho scritto nel post precedente non mi perdo una puntata del programma della Dandini per preservarmi dal cader vittima della sua stessa imbecillità, so che esiste e che citofona alle persone facendo domande surreali, come quando si è presentato sotto casa degli elettori (chi più chi meno, siamo elettori tutti quanti) con una torta per festeggiare il primo anno di governo Prodi. Ogni tanto, Andrea Rivera fa ridere; al concerto del Primo Maggio, ha creduto di far ridere; non ha fatto ridere.
Il Guardian ovviamente ritiene che il Vaticano - sentendosi minacciato perché degli anonimi inviano dei proiettili al capo della CEI, perché un guitto sobilla folle di fanciullini cannati con motivi pretestuosi, e perché iniziano ad apparire scritte con minacce di morte al Papa – stia esagerando e ponendo limiti alla libertà d’espressione, insomma le solite fregnacce delle quali, probabilmente perché non mi sono svegliato benissimo stamattina, inizio ad avere pieni i gran coglioni. Ciò nondimeno il Guardian lo compro tutti i giorni, un po’ perché bisogna pur passare il tempo, un po’ perché il Daily Telegraph (che è l’organo stampa conservatore) è troppo largo e a tenerlo aperto mi si stancano le braccia, un po’ perché a vedere la sua enorme foto a pagina 3 del pallido giornale inglese, be’, finalmente Andrea Rivera mi ha fatto ridere assai.
Il 10 luglio 2006, in maglietta azzurra (decorata da enorme riproduzione della coppa del mondo) bermuda blu e sandali marroni, con la scusa di fare colazione ho trascinato Snupi fino a un bar dal quale non si riusciva a vedere la torre Ghirlandina, il che è la controprova pratica che eravamo fuori Modena. Lì abbiamo dichiarato fallita la ricerca e ci siamo seduti, ordinando due cappuccini e altrettanti cornetti. Faceva un caldo cane. Snupi cercava di consolarmi dicendo che in fin dei conti ero riuscito a comprare il Corriere della Sera, il Foglio, il Giornale, Tuttosport e il Corriere dello Sport, e che quindi per quanto storica fosse la giornata potevo con un po’ di sforzo accontentarmi. Pian pianino, nell’aria bollente, ho intravisto qualcosa alle spalle di Snupi. Snupi ha visto la mia faccia cambiare radicalmente espressione e ha creduto essere uscita senza indossare, poniamo, i capelli. Senza dire una parola mi sono alzato e mi sono diretto verso il bancone dei gelati.
Il Guardian, ogni pagina una sorpresa. Nel tentativo di addormentarmi dopo pranzo, ieri ho letto gli editoriali politici e, a pagina 37, viene fuori che un corsivista, Martin Jacques (già direttore di Marxism Today, tanto per dire), commenta le presidenziali francesi dicendosi scandalizzato che gran parte dei governi in carica in Europa preferirebbe una vittoria di Sarkozy a quella della Royal, che Snupi abitualmente definisce “quella gallinella rifatta”, e dichiarando tutta la sua simpatia per José Bové che invece entra coi trattori nelle vetrine dei McDonald’s. Addirittura, argomenta Martin Jacques, “sembra che il parere politico dominante sia che soltanto la destra può risolvere i problemi di una nazione”. Buongiorno. Corre voce che nelle prossime settimane lo stesso Martin Jacques possa scoprire che le biciclette hanno due ruote mentre i tricicli ne hanno tre, e che stia preparando un editoriale sconvolgente per svelare che gli oggetti cadono dall’alto verso il basso e quasi mai dal basso verso l’alto.
Così ieri mattina, alle nove e cinque, me ne tornavo al college rimirandomi la prima pagina della Gazzetta dello Sport del giorno prima ancora, con la foto di Kakà esultante e la scritta GRANDE GRANDE GRANDE. Alla stessa maniera, il 10 luglio 2006, Snupi mi aveva visto tornare al tavolino con in mano una copia spiegazzata dell’edizione storica del quotidiano rosa e italiano, fregata dal bancone dei giornali. Lentamente, ho finto di sfogliarla con profondo interesse. Sottilmente, l’ho infilata nel fascio dei giornali che avevo comprato. Genialmente, ho continuato a sfogliare il Corriere della Sera fingendo di non aver cambiato giornale. Cattolicamente, poiché rubando si va all’inferno ma sostituendo si va in purgatorio, rialzandomi con il fascio di giornali sotto il braccio mi sono confuso e ho lasciato sul tavolino una copia di Tuttosport, e incamminandoci verso il centro di Modena io e Snupi lasciavamo la stessa scia rosa con cui io, e il Milan, abbiamo sommerso Oxford.
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