(Gurrado per Il Resto del Pallone)
Domanda a bruciapelo: qual è la squadra più forte di Manchester? Risposta meditata: se consideriamo la storia, il blasone, il potere commerciale e le forze in campo, senz’altro il Manchester United; se leggiamo il risultato del derby appena giocato e la classifica del campionato inglese al giorno d’oggi, il responso parrebbe sorridere ai cugini poveri e celestini. Il Manchester City infatti ha superato lo United per 1-0 e guida bellamente (e solitariamente) la fila delle iscritte alla Premier League, con due punti di vantaggio sul Chelsea e tre sul Wigan; le sei squadre con una partita in meno sono in ritardo e, se anche vincessero il recupero, non lo raggiungerebbero in testa. Così il City, se i numeri vogliono dire qualcosa, alla fine di quest’agosto atipico che in Inghilterra non ha mai superato i venticinque gradi è indubbiamente la squadra più forte di Manchester, alla faccia di Sir Alex Ferguson.
Alla faccia non solo sua, peraltro. Il pensiero che già sabato prossimo il City sarà ospite dell’Arsenal e che ciò con ogni probabilità porrà rapida fine alla sua egemonia (non è detto, però: con le squadre allenate da Eriksson non si sa mai) non dovrebbe consolare sir Alex più di tanto, visto che perdendo il derby di Manchester lo United ha dimostrato di essere afflitto da una sorta di mal di testa che sta intaccando tutte le detentrici dei principali titoli europei, Italia compresa. I rossi campioni d’Inghilterra, ulteriormente rafforzati dal mercato, nelle prime tre giornate hanno accumulato la sconfitta nel derby e due pareggi: ora, più gravi dello 0-1 patito contro il City mi sembrano per certi versi lo 0-0 d’apertura col Reading e l’1-1 col Portsmouth tre giorni dopo, segno apparente di una squadra svagata che non ha nessuna intenzione di ripetere l’exploit dello scorso anno, e la cui abdicazione prematura suona ancora più beffarda leggendo la classifica e vedendola guidata dalla squadra della metà sbagliata di Manchester.
Mal comune mezzo gaudio, d’altra parte. Rovesci anche in Francia, precisamente su Lione, dove il carro armato che ha vinto gli ultimi sei campionati sta pagando l’atto di hybris (la tracotanza venata di stupidità, per chi è stato fortunato abbastanza da non attendere agli studi umanistici) di credersi capace di vincere tutti i campionati francesi fino alla fine dei tempi. La convinzione, corroborata da una campagna acquisti faraonica e un po’ stronza (volta a rafforzarsi indebolendo le dirette concorrenti), si è fatta certezza dopo la vittoria (2-0 sull’Auxerre) all’esordio. Doveva essere la prima di una lunga serie e invece basta là: dopo sono arrivate una sconfitta evitabile (0-1 dal Tolosa), una gara rinviata e una sconfitta preoccupante, 1-2 contro il Lorient che in questo curioso gioco delle parti s’è trovato primo in classifica. Il Lione segue a sette punti (già) di distanza.
In Germania butta male per lo Stoccarda, che lo scorso anno aveva vinto il titolo grazie alla regolarità di rendimento e a una volata entusiasmante nel finale. Se il buongiorno si vede dal mattino, buonanotte: allo spettacolare pareggio per 2-2 contro lo Schalke nella gara inaugurale della Bundesliga ha fatto seguito il tracollo contro l’Hertha Berlino (che, insomma, non è propriamente la squadra di Pelè e Sylvester Stallone in Fuga per la Vittoria). Chiuso il primo tempo in vantaggio grazie a un goal nel primo quarto d’ora, lo Stoccarda deve aver pensato di essersi messo al riparo dalla (mala)sorte comune alle consorelle detentrici: si è spenta la luce e l’Hertha ha segnato tre volte nel secondo tempo, 3-1 e tante grazie.
Corre voce che la Supercoppa, di qualsiasi nazione o continente, sia un trofeo che conta solo se si vince. Domenica scorsa però il caso ha riunito sotto un unico patema le bandiere del Real Madrid e dell’Inter. I campioni di Spagna, che dall’alto della loro sempiterna tradizione vincente hanno aggiunto il titolo dello scorso anno con notevoli affanni, hanno perso dal Siviglia 0-1 l’andata in trasferta e 3-5, nientemeno, il ritorno al Bernabeu. Questa doppia sconfitta di fatto ha vidimato il filotto di sconfitte in amichevoli (per la serie: tanto il calcio d’estate non conta) patito dalla squadra più nobile di Spagna (e d’Europa) con grande scorno di Sua Maestà Re Juan Carlos. Probabilmente Schuster pensa ancora di star allenando il Getafe, la squadra dei sobborghi: così impara quel genio del male che ha avuto l’idea di cacciare ignominiosamente Capello il vittorioso. Non così Roberto Mancini, pienamente consapevole di star allenando l’Inter, dalla quale non lo caccia nessuno (per il momento). I campioni d’Italia, dall’alto della loro non altrettanto vincente tradizione, l’anno scorso hanno dimostrato di poter carpire lo scudetto anche giocando bendati, tanta la superiorità manifesta. Allora pronti, via: e il primo trofeo della stagione, come l’ultimo dell’anno scorso, se l’è pappato la Roma con Totti a mezzo servizio.
Oddio, sono il primo a dire che queste considerazioni lasciano il tempo che trovano e che il prossimo weekend magari il Manchester United e il Lione risorgono contro Tottenham e Saint-Etienne, il Real vince (ho i miei dubbi) il derby con l’Atlético e l’Inter fa un sol boccone dell’Udinese. Sarà. Però questi temporali estivi mi hanno fatto capire il trasporto e la passione (casta) con cui Matarrese s’è baciato Totti consegnandogli la Supercoppa: perché non vince sempre il più forte, e per questo il calcio è ancora bello.
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