Contrordine, compagni. Il titolo de il manifesto di oggi 26 ottobre 2007 dopo Cristo – “Come muore un italiano” – va inteso come riferito a Nicola Calipari in nessunissima maniera a Romano Prodi.
Diliberto ha ragione: lui sarà comunista ma mica è scemo. Questo lascia intendere che gli altri comunisti lo sono almeno un poco? Bertinotti, dal canto suo, è altrettanto comunista e altrettanto poco scemo; inoltre tifa per il Milan, e presumibilmente ha visto la partita di mercoledì sera nella quale, a beneficio dei distratti, ricordo che il Milan ha vinto 4-1 contro lo Shaktar Donetsk, una squadra che nonostante il suo nome esiste veramente, e che di conseguenza la stampa s’è esaltata a magnificare il ritorno in grande stile della stessa squadra che tre giorni prima aveva perso in casa con l’Empoli e che fra due giorni perderà in casa con la Roma. Io, esattamente come Bertinotti, ho visto la partita e mi sono reso conto che: per metà secondo tempo lo Shaktar ha fatto il tiro a segno, ragion per cui il portiere del Milan è stato il migliore in campo; lo Shaktar non aveva nulla che fosse assimilabile a una difesa, quindi il Milan avrebbe dovuto segnare comodamente non quattro ma quattordici goal; Oddo, pagato per essere terzino destro del Milan, ha abilmente giocato da ala sinistra dello Shaktar; Kakà ha sbagliato un paio di goal al minuto; Pirlo, che notoriamente sbaglia un passaggio all’anno, deve essere curiosamente stato convinto che i giocatori del Milan erano quelli con la maglia bianca, non con quella rossonera, e s’è tutt’al più limitato a battere per benino i calci d’angolo come se fosse un Beckham qualunque: in definitiva, se al posto dell’imbarazzante Shaktar (non a caso allenato dall’ex interista Lucescu) ci fosse stata un’altra squadra, ad esempio l’Empoli, il Milan avrebbe irrimediabilmente perduto. Quindi esultare per la vittoria sarebbe come se il Governo esultasse perché stanotte il Senato ha approvato il decreto fiscale, e Bertinotti lo sa benissimo.
La madre di Denise Pipitone si è incatenata al Quirinale, nonostante l’avvertimento dei commessi: “Guardi che ce n’è già uno incatenato a Palazzo Chigi.”
Romano Prodi ha ragione, come sempre. Lui è una persona seria, un fanciullino della politica, la sua candidatura è stata sostenuta da due milioni di persone che pur di votarlo hanno sborsato di tasca loro un euro almeno, ha girato l’Italia su un tir giallo, ha condotto la marcia trionfale che ha portato a una netta affermazione elettorale, ha festeggiato alle tre di notte gli exit poll delle tre del pomeriggio, ha creato un posto di lavoro per Padoa Schioppa, ha bloccato la pericolosa riforma costituzionale di Berlusconi che prevedeva la riduzione del numero dei parlamentari, ha creato un sistema fiscale più equo, ci ha fatto vincere il Mondiale, ci ha ridato credibilità internazionale sufficiente a farci levare cinque seggi all’europarlamento, ha inventato il Partito Democratico, ha biascicato frasi incomprensibili che hanno messo tutti d’accordo, ha tenuto la barra dritta, ha salvato la maggioranza, ha strigliato i dissidenti, ha sintetizzato quattrocento pagine in dodici capoversi, ha fatto proposte, ha minacciato di fare i nomi, ha dato ragione a Mastella, ha dato ragione a Di Pietro, ha lanciato ultimatum, ha parlato al Tg3, ha convocato vertici notturni, ha dato tutto sé stesso per quanto poco potesse essere. Se solo fosse Presidente del Consiglio gliela farebbe vedere lui, al Senato dispettoso.
Turigliatto, tu uccidi un uomo morto.
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