Quindi Gurrado,
fammi capire, i romanzi russi dell'Ottocento sono pesanti e indigesti, mentre Un fuoriclasse vero di Samsonov "é curioso". Dov'è l'errore?
fammi capire, i romanzi russi dell'Ottocento sono pesanti e indigesti, mentre Un fuoriclasse vero di Samsonov "é curioso". Dov'è l'errore?
Anonimo ottocentesco
L'errore è nel fatto che per la terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere si usa l'accento grave e non acuto.
Giulia
Nel corso della lunga e complessa preparazione psicologica all'anglicizzazione di me medesimo (myself) è rientrata anche la visione di Un pesce di nome Wanda, e in particolare dello spezzone in cui John Cleese dice: "Wanda, do you have any idea what it's like being English? Being so correct all the time? Being so... stifled by this dread of doing the wrong thing? Of saying to someone 'Are you married?' and hearing 'My wife left me today'? Or saying... 'Do you have children?' and being told 'They all burned to death on Wednesday'?" (Sarebbe a dire: "Wanda, hai la più pallida idea di come sia essere Inglesi? Essere sempre così corretti! Essere così... soffocati da questo terrore di fare la cosa sbagliata! Di chiedere a qualcuno 'Lei è sposato?' e sentirsi dire 'Mia moglie mi ha lasciato oggi'. O di chiedere... 'Lei ha figli?' e sentirsi rispondere 'Sono periti tutti in un incendio mercoledì scorso'."). Ecco, sono a buon punto.
Eh eh eh Gurrado,
c'è gente che commenta i suoi stessi post.
Anonimo sardonico
Questa risposta è offerta dal maraschino Luxardo. Chiedo venia alle tante signorine (tre) che leggono questo blog, ma oggi mi ero svegliato coi coglioni talmente girati che, se a metà mattinata non avessi bevuto un bicchiere di maraschino Luxardo, la mia risposta sarebbe suonata:
"Figuriamoci, già non ho tempo (né voglia) di rispondere a tutti i commenti, che sono pure pochi; già mi scasso la minchia alla sola idea di dover scrivere ogni giorno qualcosa di nuovo, non tanto per la fatica di sedermi e scriverlo, quanto per lo sforzo di escogitarlo sapendo che il più delle volte non ne varrà la pena perché il meglio che possa capitare è che cada nel vuoto. Seh, adesso io non solo tiro avanti col blog, ammirevolmente, quotidianamente, contro la mia stessa volontà; ma sfrutto pure i ritagli di tempo per disconnettermi dal mio account, accedere al mio blog, avere l'accortezza di mantenermi anonimo, scrivere l'unico complimento esplicito che mi venga qui rivolto da mesi, riconnettermi col mio account e saggiamente ignorare il commento positivo perché ringraziare con un inchino come minimo sarebbe volgare e come massimo indurrebbe al sospetto! Io mi sto veramente cacando il cazzo nei confronti della democrazia internettiana, che è l'incarnazione più becera di una faccenda già abbastanza stupida in sé: il fatto che lo scrittore qualsiasi non solo debba scrivere ma anche farlo in fretta e pubblicarsi da solo; che il pubblico si senta in diritto di intervenire e dialogare da pari a pari con lo scrittore magari anche senza averlo letto; che venga meno il benedetto sistema di intermediazioni a più strati che ha costituito da sempre la principale e forse unica ragione di successo della letteratura a ogni latitudine. Senza contare che aggiornare quotidianamente un blog (e al lunedì il commento sportivo, e al venerdì le letterine letterarie di 'sta cippa, e durante la settimana un paio di recensioni riproposte da siti in cui grazie al cielo c'è qualcuno che monitora, che controlla, che seleziona e che quindi dà effettivo valore a ciò che scrivo, più uno o due impromptu riempitivi alla bisogna) sottrae tempo e cervello all'unica cosa che uno scrittore dovrebbe fare, ossia scrivere e cercare di scrivere sempre un po' meglio sulla lunga scadenza. Il blog invece esige una scrittura continua e attuale che divora la scrittura vera, la calma e il gesso, la meditazione a computer spento e la lievitazione della pagina, possibilmente manoscritta. Il blog non è musica, è brusio di sottofondo; e cercare di proporvi qualcosa che tenti di elevarsi sopra la media dei blog, il più delle volte costituita da merde invereconde, è completamente inutile perché buona parte del pubblico non solo non è in grado di - permanendo nella fiorita metafora sempre con riverenza delle caste orecchie delle tante (tre) signorine che mi leggono - distinguere la merda dalla cioccolata ma soprattutto preferisce non dico la merda ma quanto meno il brusio di sottofondo alla musica classica. Mi permetto di usare reiteratamente la parola "merda" come citazione testuale dai Grundrisse di Carlo Marx, così vediamo se mi dite pure che sono un fascista. Bisognerebbe spegnere i blog, oscurare internet, radere al suolo la realtà virtuale e tornare a nutrirsi esclusivamente di carta scritta (da leggere) e bianca (da scrivere), sant'Iddio; invece sperimento sulla mia stessa pelle che il blog è l'unica maniera di mantenere una visibilità che faccia presagire tempi meno grami, non dico garantendo ma quanto meno consentendo la remota possibilità che un giorno io possa essere ricordato non per quello che scrivo su internet, che non esiste, ma per quello che di mio è stato stampato, se mai avverrà sul serio; ragion per cui devo tirare dritto e limitarmi a incamerare il nervosismo dovuto al dover scrivere quotidianamente roba mediocre che non merita di essere scritta così come buona parte di voi non merita di leggerla, nervosismo accumulando il quale potrei presto giungere all'eccesso di mandare qualcuno a fare in culo, o quanto meno ad ammazzarlo."
Invece a metà mattinata ho bevuto un bicchiere di maraschino Luxardo, pertanto non vi chiudo in faccia il blog, mascalzoni, e tiro avanti cercando anche di scrivere nel frattempo qualcosa di più decente che vi auguro di non leggere mai.
"Figuriamoci, già non ho tempo (né voglia) di rispondere a tutti i commenti, che sono pure pochi; già mi scasso la minchia alla sola idea di dover scrivere ogni giorno qualcosa di nuovo, non tanto per la fatica di sedermi e scriverlo, quanto per lo sforzo di escogitarlo sapendo che il più delle volte non ne varrà la pena perché il meglio che possa capitare è che cada nel vuoto. Seh, adesso io non solo tiro avanti col blog, ammirevolmente, quotidianamente, contro la mia stessa volontà; ma sfrutto pure i ritagli di tempo per disconnettermi dal mio account, accedere al mio blog, avere l'accortezza di mantenermi anonimo, scrivere l'unico complimento esplicito che mi venga qui rivolto da mesi, riconnettermi col mio account e saggiamente ignorare il commento positivo perché ringraziare con un inchino come minimo sarebbe volgare e come massimo indurrebbe al sospetto! Io mi sto veramente cacando il cazzo nei confronti della democrazia internettiana, che è l'incarnazione più becera di una faccenda già abbastanza stupida in sé: il fatto che lo scrittore qualsiasi non solo debba scrivere ma anche farlo in fretta e pubblicarsi da solo; che il pubblico si senta in diritto di intervenire e dialogare da pari a pari con lo scrittore magari anche senza averlo letto; che venga meno il benedetto sistema di intermediazioni a più strati che ha costituito da sempre la principale e forse unica ragione di successo della letteratura a ogni latitudine. Senza contare che aggiornare quotidianamente un blog (e al lunedì il commento sportivo, e al venerdì le letterine letterarie di 'sta cippa, e durante la settimana un paio di recensioni riproposte da siti in cui grazie al cielo c'è qualcuno che monitora, che controlla, che seleziona e che quindi dà effettivo valore a ciò che scrivo, più uno o due impromptu riempitivi alla bisogna) sottrae tempo e cervello all'unica cosa che uno scrittore dovrebbe fare, ossia scrivere e cercare di scrivere sempre un po' meglio sulla lunga scadenza. Il blog invece esige una scrittura continua e attuale che divora la scrittura vera, la calma e il gesso, la meditazione a computer spento e la lievitazione della pagina, possibilmente manoscritta. Il blog non è musica, è brusio di sottofondo; e cercare di proporvi qualcosa che tenti di elevarsi sopra la media dei blog, il più delle volte costituita da merde invereconde, è completamente inutile perché buona parte del pubblico non solo non è in grado di - permanendo nella fiorita metafora sempre con riverenza delle caste orecchie delle tante (tre) signorine che mi leggono - distinguere la merda dalla cioccolata ma soprattutto preferisce non dico la merda ma quanto meno il brusio di sottofondo alla musica classica. Mi permetto di usare reiteratamente la parola "merda" come citazione testuale dai Grundrisse di Carlo Marx, così vediamo se mi dite pure che sono un fascista. Bisognerebbe spegnere i blog, oscurare internet, radere al suolo la realtà virtuale e tornare a nutrirsi esclusivamente di carta scritta (da leggere) e bianca (da scrivere), sant'Iddio; invece sperimento sulla mia stessa pelle che il blog è l'unica maniera di mantenere una visibilità che faccia presagire tempi meno grami, non dico garantendo ma quanto meno consentendo la remota possibilità che un giorno io possa essere ricordato non per quello che scrivo su internet, che non esiste, ma per quello che di mio è stato stampato, se mai avverrà sul serio; ragion per cui devo tirare dritto e limitarmi a incamerare il nervosismo dovuto al dover scrivere quotidianamente roba mediocre che non merita di essere scritta così come buona parte di voi non merita di leggerla, nervosismo accumulando il quale potrei presto giungere all'eccesso di mandare qualcuno a fare in culo, o quanto meno ad ammazzarlo."
Invece a metà mattinata ho bevuto un bicchiere di maraschino Luxardo, pertanto non vi chiudo in faccia il blog, mascalzoni, e tiro avanti cercando anche di scrivere nel frattempo qualcosa di più decente che vi auguro di non leggere mai.
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