martedì 25 agosto 2009

La Repubblica delle donne (nude)

(Gurrado per Tempi)

L’anno prossimo cade il quarantesimo anniversario della pubblicazione di Radical Chic, feroce pamphlet in cui Tom Wolfe si accanisce contro “il fascino irresistibile dei rivoluzionari da salotto”; ma Repubblica sta facendo di tutto per anticipare le celebrazioni. All’epoca, nel 1970 a New York, erano le Pantere Nere della protesta razziale a venire introdotte nel rarefatto habitat degli intellettuali altoborghesi, per venire addomesticate con un “bocconcino al roquefort ricoperto di noci tritate” e tacitare così la perpetua sete di generici buoni sentimenti che anima e tormenta i progressisti perbene. Oggi da New York ci si trasferisce a Bari (chi si accontenta, mai come in questo caso, gode) e Repubblica, non disponendo presumibilmente né di bocconcini al roquefort né di noci tritate, offre le proprie pagine a innocue o presunte tigri da letto mostrandole in ogni guisa per farci la morale. Ormai nemmeno sui giornali specializzati si parla tanto di escort, di minorenni e di pensieri lubrici assortiti. Il tutto, ovviamente, per il bene della donna e a maggior gloria del fascino irresistibile dei femministi da salotto – anzi, da prima pagina.

Facciamo un esempio pratico. Prendiamo un numero a caso di Repubblica – tanto sono bene o male tutti uguali e a quanto pare vengono stampati soprattutto per offrire un supporto cartaceo alle dieci domande di Giuseppe D’Avanzo a Berlusconi, che dall’originario 26 giugno si sono decisamente rimpicciolite ma sono sempre lì. Bene, ho per le mani l’uscita del 4 agosto scorso che in prima pagina riporta un vibrante articolo di Miriam Mafai (segue a pagina 11) dal titolo: “Le donne e la libertà ai tempi del Cavaliere”. Io sono un ingenuo e quindi ho pensato che un titolo del genere presagisse tutto un discorso sulla libertà di andare ognuno con la donna che si preferisce, ché poi bisogna renderne conto a Dio, al confessore, all’eventuale moglie e non certo a Ezio Mauro. Intuirete che ho sbagliato. Il pezzo della Mafai si concentra su “tutto questo scialo di donne” che ha scatenato nelle sue consorelle “irritazione, e persino un po’ di vergogna”. Vergogna per cosa? Per l’idea sottesa – e si presume automaticamente berlusconiana – che “siccome esistono le veline, tutte le donne italiane sarebbero classificabili come aspiranti veline”. Concordo: conosco donne che possono aspirare fino allo scoppio ma il fisico da veline non ce l’avranno mai. Per me la questione è chiusa qui.

A questo punto però interviene una mia amica femminista e mi spiega che il mio punto di vista è limitato, in quanto sono maschio, e che il discorso della Mafai è più sottile e più profondo. Devo riconoscere che le distinzioni categoriali di quest’ultima sono degne di Scoto Eriugena: “Una velina, una escort, una prostituta è una donna che dispone del suo corpo come crede”. Presumo che soltanto per brevità la Mafai non abbia inserito nell’elenco anche le attrici, le hostess, le segretarie e tutte quelle svergognate che usano il fard. None, spiega paziente l’amica femminista senza la quale non riuscirei a capire niente di tutto ciò che scrive Repubblica; il punto della Mafai è che ormai questo, ossia in parole povere quello della signorina piuttosto bona, “sia l’unico modello di riuscita e di comportamento che il potere in carica oggi propone alle donne”. A controprova la Mafai si inalbera: “Tutti conosciamo il volto di Patrizia D’Addario”. Non solo il volto, a dir la verità. Ma, chiedo alla mia amica femminista, non era stata Repubblica a tirar fuori costei, e il numero in questione non ne pubblica una fotina ammiccante, giusto per non perdere l’abitudine?

La mia amica se ne va sdegnata dichiarando che è proprio vero che i maschi non capiscono un accidente e che perdono la testa appena vedono le curve giuste. Decido di continuare per conto mio la ricerca e deglutendo leggo il resto di Repubblica come se fosse un libro. In fin dei conti un giornale è un tutto intero: l’abbiamo visto qualche mese fa per quel che riguarda Playboy, mensile che tuttavia si mantiene meno invasivo riguardo alla vita sessuale di ciascheduno. A pagina 40 (e 41) dello stesso numero di Repubblica trovo una vibrante recensione di Natalia Aspesi al romanzo Obsession di Gloria Vanderbilt: le memorie erotiche di una facoltosa vegliarda nata nel febbraio 1924. Non entro nei dettagli ma il succo è che “trattandosi di una signora entrata nella quinta età (…) pare blasfemo pensarla non si dice mentre pratica, ma neppure mentre immagina, fantastica, rievoca, quelle brutte cose là”. Anche perché, insomma, se una ricca signora di ottantacinque anni e mezzo si sente autorizzata ad avere una vita sessuale, dove si andrà a finire con ricchi signori che a settembre ne compiono settantatre? La condanna della Aspesi è talmente ferma che c’è materiale sufficiente per un’undicesima domanda di D’Avanzo a Berlusconi, che potrebbe suonare più o meno: “Signor presidente, lei ha conosciuto l’ereditiera Gloria Vanderbilt? Quali sono, più in generale, i suoi rapporti con le ottuagenarie? Non ritiene che una tale frequentazione sia in contraddizione con la sua politica di valorizzazione dei giovani? Posto di fronte alla scelta fra una nonna e la sua nipotina, non pensa che in entrambi i casi comprometterebbe importanti affari di Stato?”.

Per fortuna Repubblica ha un’idea tutta diversa delle donne. Patrocina un prototipo di successo assolutamente scollegato dall’avvenenza: di fianco ai santini di Noemi & Patrizia la Repubblica in questione colloca due fototessere accollatissime di Cristina Battaglia, “meno nota numero due dell’Enea”, e di Federica Pellegrini, “trionfatrice dei mondiali di nuoto”. Ecco, i mondiali di nuoto. Secondo Repubblica sono stati l’esaltazione del femminismo applicato. Le imprese della Pellegrini sono lì a dimostrarlo insieme a un’inchiesta di Enrico Sisti che si mangia le pagine 29, 30 e 31. La Pellegrini è l’incarnazione di quello che Sisti definisce “fattore D” (nel senso di “fattore Donna”, non “fattore D’Avanzo”); a quanto pare, stando alle dichiarazioni di uno psicologo dello sport raccolte da Sisti, “una ragazza la prendi e lei di solito risponde meglio di un uomo. Succede anche nella scuola, non soltanto nello sport”. Esempi ce n’è a bizzeffe: la Cagnotto, la Idem, la Sensini, ma anche la Follis, la Karbon, la Aguero e soprattutto la Granbassi che – illustra Repubblica – “ha vinto un mondiale e ha partecipato alla trasmissione Annozero di Santoro”. Meno spazio viene dedicato ad Alessia Filippi, la bella pesciolona la cui identità traspare dietro quella dell’atleta “moderatamente coatta”, e che soprattutto si macchia della colpa di essere bellina, di saper perdere senza frignare e di essere una ragazza normale.

E i maschi? Sisti li ignora con classe ma si può dedurre che ad esempio Luca Marin sia solo uno smidollato, buono solo a fidanzarsi con la Pellegrini e, si veda l’intervista sul sito di Repubblica stessa, a farci sesso prima delle gare. Forse Repubblica vuol sottintendere che senza un impaccio del genere – senza questo fardello erotico, senza questo elemosiniere dell’amplesso – sui 400 stile libero la Pellegrini sarebbe scesa sotto la barriera dei tre minuti, dei due, sarebbe arrivata prima ancora di tuffarsi? Ma poi, chiederei se fossi D’Avanzo, questo non sarebbe in contraddizione con la critica che la Mafai avanza a “movimenti e culture che esaltano la violenza e il successo” e “che irridono i deboli e i meno dotati”?

Boh. Di sicuro la Mafai ha ragione quando critica questi movimenti e culture “che tentano di riportare la donna a un ruolo subalterno”. Per saperne di più ho abbandonato il numero cartaceo di Repubblica e sono andato ad approfondire sul sito che, come dire, spogliando castigat mores. Come si fa coi gatti quando fanno pipì dove non dovrebbero, che li si sbatte col muso dentro finché capiscono che non devono farlo più, Repubblica.it fornisce a bizzeffe esempi deterrenti dell’abiezione delle “donne esibite come merce, donne spogliate, donne in vendita offerte al miglior acquirente” contro le quali punta il dito la Mafai. Come ad esempio le ventidue candidate al titolo di Miss Universo, delle quali Repubblica.it fornisce adeguato catalogo fotografico in bikini: vi consiglio Chole Mortaud, miss Francia e foto numero quattro, nonché Eli Landa, miss Norvegia e foto numero 16 della quale mi riservo di studiare più approfonditamente la posa di schiena per ritrovarvi vestigia della sua, come scrive la Mafai, “realizzazione come individuo libero e responsabile, attraverso una faticosa combinazione tra studio, organizzazione della vita familiare, maternità e lavoro”.

Presumo che, come scrive sempre la Mafai, “il femminismo (…) che rivendicava la fine di ogni forma di discriminazione fra uomini e donne” sia rintracciabile nelle sette foto della “splendida Ximena Fleitas, prorompente uruguaiana di 29 anni molto conosciuta nel suo paese come modella di lingerie e costumi da bagno” che presto sposerà il tennista Simone Bolelli, ritratto costui non in top strappato e madido ma in abito da lavoro, maglietta e calzoncini bianchi. Qualcosa non mi torna ma non riesco a focalizzare bene cosa, perché frugando su Repubblica.it ho appena trovato sette gallerie di foto di Nereida Gallardo, atomica ex di Cristiano Ronaldo. In alcune indossa addirittura un reggiseno, pertanto adesso ho di meglio da fare.

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