Io sento il dovere di dire quello che penso sulla libertà di stampa, ma per evitare di fare la fine di Minzolini mi ripiego su me stesso e mi do alla commemorazione autocelebrativa - o alla celebrazione autocommemorativa, che è lo stesso. Dunque, io nasco narratore. Anzi nasco romanziere se vogliamo tener fede a quello che dicono i cataloghi delle librerie, dove viene spiegato che sono stati messi alla luce prima e al macero poi due miei romanzi: uno all'inizio e l'altro a metà di questi rocamboleschi anni zeranta. Però finché non me ne sorto (o sortisco) con un bel romanzo di almeno trecento pagine il nome di romanziere preferisco non usarlo: non voglio assecondare la tendenza già delineata da Iginio Ugo Tarchetti in Fosca, dove si parlava della masnada di scrittori che non scrivono, e già abbondantemente assecondata dall'abitudine di dare del romanziere a gente che ha pubblicato cose che romanzi possono essere definiti solo con molta immaginazione da parte sia degli autori sia degli editori. Paradosso estremo, per essere romanziere non basta aver pubblicato romanzi. Però il nome di narratore me lo arrogo eccome, perché mi piace raccontare faccende varie più di quanto non smani per commentarle, qui o recentissimamente su più nobili testate. Diceva non ricordo più chi che a lamentarsi per il mal di denti sono buoni tutti, ma che il vero scrittore è quello che dal proprio mal di denti trae una tragedia in cinque atti. Meglio ancora se non ha mal di denti. A questo riguardo, credo, la capacità di raccontare nel dettaglio cose non avvenute costituisce il valore aggiunto di un narratore. Il massimo onore che si possa ricevere è essere letti indipendentemente dal contenuto e quando mi dicono che ho scritto qualcosa di interessante ne ricavo sempre la sensazione che la mia prosa esca svilita. Forma, non contenuto. Ragion per cui abbiamo tre Gurradi (lasciamo stare la declinazione, ché in banca l'impiegata allo sportello ha appena finito di chiamarmi reiteratamente Mr Guardo): uno scrive saggi inconfutabili di storia dell'illuminismo; un altro, più colorito, scrive a tema libero qui e recentissimamente su più nobili testate, oppure recensisce volumi vecchi e nuovi, oppure commenta la politica che al confronto Minzolini è Di Pietro; un altro, più nascosto, racconta fatti non suoi. Sono venuti fuori così non solo i dimenticati due romanzi ma anche i racconti ficcati in antologie di genere misto qualche anno fa (troppi) e quelli tradotti in spagnolo dall'eroico Nacho Duque Garcia per la "revista de pensamiento y cultura" Riff Raff. Così è venuta fuori la storia immaginaria ma plausibile del primo giro d'Italia che su Quasi Rete si intitolava Dentro una nube rosa. Così viene fuori oggi, grazie agli amici di Books Brothers, Satana in tournée: un vecchio racconto nero, forse più breve di questo preambolo non richiesto, che avevo scritto cinque anni fa in un pomeriggio noioso e che mi ero dimenticato di far leggere a qualcuno. Il tutto per festeggiare l'uscita dell'antologia di tre anni di Books Brothers, Frammenti di cose volgari. Insomma la carne al fuoco c'è ed è tanta ma per fortuna io non sono solo arrosto: sono soprattutto fumo.
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