Nichi Vendola, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero, Barbara Contini, Norma Rangeri e compagnia, coi loro solerti distinguo e con le loro indignate recriminazioni, col patetico tentativo di tentare di attribuire altrui una responsabilità che è sotto gli occhi di tutti, con la caccia all'infiltrato e col negare l'evidenza di come la guerriglia sia stata portata a Roma sabato scorso, mi ricordano gli indignados della Lombardia spagnola alla cui ignoranza Manzoni accredita il diffondersi incontrollato della peste: "Coloro che credevano esser quella un'unzione velenosa, chi voleva che la fosse una vendetta di don Gonzalo Fernandez de Cordova, per gl'insulti ricevuti nella sua partenza, chi un ritrovato del cardinal di Richelieu, per spopolar Milano, e impadronirsene senza fatica; altri, e non si sa per quali ragioni, ne volevano autore il conte di Collalto, Wallenstein, questo, quell'altro gentiluomo milanese. Non mancavan, come abbiam detto, di quelli che non vedevano in quel fatto altro che uno sciocco scherzo, e l'attribuivano a scolari, a signori, a uffiziali che s'annoiassero dell'assedio di Casale. Il non veder poi, come si sarà temuto, che ne seguisse addirittura un infettamento, un eccidio universale, fu probabilmente cagione che quel primo spavento s'andasse per allora acquietando, e la cosa fosse o paresse messa in oblio".
Nichi Vendola, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero, Barbara Contini, Norma Rangeri e compagnia, con la loro escalation di eufemismi lenitivi, mi ricordano gli esperti immunologi del Seicento di cui Manzoni riferisce la recalcitrante presa di coscienza dei dati di fatto: "In principio dunque, non peste, assolutamente no, per nessun conto: proibito anche di proferire il vocabolo. Poi, febbri pestilenziali: l'idea s'ammette per isbieco in un aggettivo. Poi, non vera peste, ma una cosa alla quale non si sa trovare altro nome. Finalmente, peste senza dubbio, e senza contrasto: ma già ci s'è attaccata un'altra idea, l'idea del venefizio e del malefizio, la quale altera e confonde l'idea espressa dalla parola che non si può più mandare indietro".
Nichi Vendola, Oliviero Diliberto, Paolo Ferrero, Barbara Contini, Norma Rangeri e compagnia, con la loro dura condanna di un manipolo di circa cento facinorosi ben distinti da una vasta maggioranza di manifestanti pacifici colorati e creativi, mi ricordano i contagiati che, scoprendosi un bubbone, pensavano che fosse malata solo l'ascella e non che tutto il corpo avesse la peste.