venerdì 28 ottobre 2011

Non sopporto coloro i quali non fanno nemmeno finire di morire una persona che già sono lì pronti in tv, sui giornali, addirittura su facebook e twitter a seppellirla col congedo di prammatica: "Ciao, Nome di Battesimo". Uno dei principali motivi per i quali preferisco venire chiamato esclusivamente per cognome è che, una volta morto, potrò rapidamente scoprire tutti quelli che in vita mi hanno voluto un bene superficiale e disattento: saranno quelli che mi liquideranno con un "Ciao, Antonio".

Col povero Simoncelli è andata peggio e forse era inevitabile. I "Ciao, Sic" si sono sprecati. Questo è niente tuttavia se paragonato all'ingresso ed egresso delle sue motociclette dalla chiesa dove si sono tenuti i funerali. Sia chiaro che qui non intendo fare una colpa al padre, che ha insistito per farle entrare; presumo che perdere un figlio sia il dolore più insopportabile e non si può pretendere lucidità, bisogna solo offrire comprensione. Me la prendo col parroco che non l'ha impedito (e col vescovo che non ha strigliato il parroco). Non mi riferisco solo a una questione di opportunità teorica spiccia, ossia se sia il caso che una motocicletta entri in chiesa: in realtà la questione specifica non sta in piedi perché com'è noto è possibile far benedire qualsiasi oggetto. Mi preoccupano invece il contesto teologico, le implicazioni spirituali e le conseguenze pratiche. Com'è noto erano gli antichi egizi a seppellire i cari estinti insieme alle loro motociclette, ossia insieme agli strumenti di lavoro o agli oggetti che i defunti più avevano amato in vita; è un'usanza toccante ma al parroco (e al vescovo) dovrebbe essere abbastanza chiaro che uno dei principali pregi del Cattolicesimo è di avere garantito un progressivo smarcamento dal culto degli antichi egizi. Vorrei inoltre chiedere al parroco e al vescovo conforto riguardo a due temi che mi stanno ancora più a cuore. Uno: hanno pensato che far accompagnare la bara di qualcuno dall'oggetto che costui ha più amato in vita può dare l'impressione che venga sminuito il senso stesso della morte cristiana, che dovrebbe essere un sereno mollare gli ormeggi per passare a un aldilà più luminoso di qualsiasi carenatura? Due: hanno pensato al neopaganesimo nazionalpopolare al quale davano la stura col proprio avallo? Gli Italiani, si sa, sono così: dopo avere scritto "Ciao, Sic" e "Ciao, Karol" vorranno diventare essi stessi Sic o Karol o chi per loro; e dopo avere istituzionalizzato prima e democratizzato poi l'applauso funebre che originariamente risuonò per Anna Magnani e ora è riservato alle vittime degli sgozzamenti da strada nonché al nonnino spentosi in grazia di Dio, ora vorranno altresì essere accompagnati nell'ultimo viaggio dagli oggetti che più hanno amato in vita. Allora avremo finalmente compiuto il tragitto completo, dalle mummie alla risurrezione della carne e ritorno.

Già che siamo in argomento ne approfitto per dare le mie ultime disposizioni (mamma, non allarmarti, sto una bellezza ma non si sa mai). Non azzardatevi a portare in chiesa la mia bara seguita uno a uno dai circa duecento volumi blu dell'edizione critica delle opere complete di Voltaire alla quale collaboro, né dalle ultime annate del Foglio, che pure è la prima cosa che leggo ogni mattino, e nemmeno da chicchi di caffè o cabosse di cacao. Sconsiglio vivamente anche la presenza di avvenenti signorine in bikini, ferma restando la mia forte predilezione al riguardo, e dietro l'altare non piazzate un megaschermo sul quale scorrano le immagini delle vittorie del Milan in Coppa dei Campioni. Fate una messa semplice, se proprio volete suonate il Dies Irae di Mozart, dopo di che provvedete a seppellirmi sotto la seguente dicitura senza fronzoli retorici (niente "lavoratore indefesso", "amico sincero", "fidanzato discutibile", "figlio snaturato", "intellettuale arzigogolato", etc.):

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Antonio Gurrado
ghisleriano
1980-2099

E invece lo so già, scriverete "Ciao, Antonio" e io non potrò nemmeno rivoltarmi nella tomba perché l'avrete riempita di tutti i Guerin Sportivo che conservo da più di vent'anni.