Il diario intimo dell'Europeo
Domenica 10 giugno
h 18 Spagna-Italia a
Milano
Mia madre mi critica perché vado al cinema da solo, al
teatro pure, e talvolta perfino al fiume a prendere un po’ di fresco. Io
ribatto che è la maniera migliore per organizzarsi, visto che tendo a trovare
un rapido accordo con me stesso mentre non altrettanto capita in condizioni
differenti. Per fugare ogni dubbio, mi sono concesso l’onere inverso della
prova e ho accettato di guardare la partita co un paio di amici a seguito di
invito piuttosto improvvisato, o quanto meno vago. Ad aggravare le cose, uno di
loro era una donna quindi non aveva dato per scontato che incontrarsi intorno
all’orario della partita implicasse guardarla. L’appuntamento è da lei e si
dipana così: mezz’ora prima della partita le viene illustrata la nostra
intenzione di guardarla, quindi lei dice di preferire una passeggiata, allora
noi le offriamo di fare una passeggiata fino al posto in cui avremmo guardato
la partita, se non che lei ribatte a sorpresa proponendoci di guardarla a casa
sua, noi però siamo dei galantuomini e ci siamo impegnati a fare la passeggiata
quindi non potremmo mai accettare la sua proposta che per noi è pure la più vantaggiosa
(sagacia delle donne); insistiamo cavallerescamente per la passeggiata ma con
una certa solerzia poiché il tempo stringe, altrettanto cavallerescamente lei
insiste per restare in casa, molto meno cavallerescamente la costringiamo a
togliersi la tutina e a vestirsi per la passeggiata, usciamo quando mancano
dieci minuti scarsi al fischio d’inizio, andiamo al primo bar ed è chiuso,
andiamo al secondo ed è parimenti chiuso, inoltre quando siamo arrivati a un
punto abbastanza distante da casa sua da non consentire di tornarci senza
perdere l’inizio della partita inizia immancabilmente a piovere, lei sostiene
che voleva guardare la partita, noi che volevamo fare la passeggiata, dopo di
che prendo in mano la situazione e decido unilateralmente che invece di
continuare a girare in tondo per tutta Zara ci conviene entrare nel primo bar
che troviamo aperto altrimenti compio una strage e poi invoco tutte le
attenuanti del caso. Esso risulta essere un bar gestito da cinesi i cui
avventori sono così ripartiti: noialtri; un ragazzo peruviano che tifa con
eccessiva foga per l’Italia assieme a un papà peruviano che altamente se ne
frega; un signore che orna la propria sessantina con una camicia a fiori tanto
allegra quanto terrea è la sua espressione, che non è variata nemmeno quando di
fianco a lui una coppietta ha tentato arditamente di riprodursi sulla sedia in
un tripudio di patatine volanti; detta coppietta; uno schifoso che per merenda
ha bevuto quattro birre e mangiato due toast, forse tre; una famigliola con
mamma tatuata e figlie pure che a un dato punto si mette a giocare a scala
quaranta. Subito si abbatte su di loro la barista, convinta che stiano giocando
d’azzardo, che li persuade a smettere: ormai siamo in piena follia
giustizialista, e quando negli spogliatoi Napolitano s’è abbracciato Buffon
poco c’è mancato che non lo arrestassero per direttissima per concorso esterno
in tabaccheria estrema.
h 20:45 Eire-Croazia a
Pavia
Ogni volta che vedo il figlio di Savio, o anche solo ci
penso, mi assale la voglia irrefrenabile di fare un bambino con la prima che
passa, e questo potrebbe condurmi in galera. In compenso domenica ho pranzato
in famiglia con sei bambini di età compresa fra i sette e i tre anni (ero l’unico
scompagnato) e inaspettatamente codesto desiderio s’è liquefatto: nel mio
futuro non vedo più il sole a scacchi. A ciò si aggiunga che s’è verificato un
lieve errore di calcolo riguardo al dessert: mia cugina aveva deciso di fare un
bel tiramisù per sedici persone, perché tanti eravamo; mia zia intanto, non
volendo oberare d’incombenze sua figlia, aveva preparato in gran segreto un
tiramisù per sedici persone, e siamo a trentadue; mentre mio zio era passato
davanti al proprio gelataio preferito, nella cui stracciatella si rinvengono
pezzi di cioccolato che sono un’arma impropria, e aveva preso una vaschetta
variegata per sedici, e siamo a quarantotto. Io al mattino avevo perlustrato
Pavia alla ricerca di un omaggio per non presentarmi con le mani in mano:
stanco dei soliti giocattolini per i bimbi, delle banali bottiglie di Sangue di
Giuda, peggio ancora dei libri che fanno rimpiangere l’analfabetismo, avevo
optato per una bella torta tipica, la Pavesa. Essa consta di un’armatura in
pastafrolla dentro la quale giace un corpo di pasta di mandorla impreziosita
qua e là con uvetta, mentre su tutto cala una coltre di cioccolato fondente così
che per tagliarlo ci vuole la scimitarra. Serve dieci persone, e siamo a
cinquantotto, ma per non far vedere che pensavo solamente agli adulti avevo
arrotondato con un vassoietto di paste piuttosto grosse, dodici in tutto: e
siamo a settanta. Questo spiega perché alla sera mi sento un po’ pieno e decido
di guardare Eire-Croazia in piedi nel gabbiotto del portinaio, per far defluire
il tutto di fronte al televisore portatile, ma vedendo il raddoppio dei croati,
su palo di un attaccante ribadito in rete da un colpo di testa dello sbadato
portiere irlandese, non mi trattengo e chiedo al portinaio: “Senti, non è che
ti va una mezza pizza margherita con un filo filo d’olio e origano sparso? Sarà
tutto questo sport che mi fa venire fame”.