Il diario intimo dell'Europeo
Giovedì 21 giugno
h 20:45 Repubblica
Ceca-Portogallo a Parigi
Non so se possano fungere da attenuanti, ma bisogna
considerare le circostanze specifiche a dir poco eccezionali. Anzitutto mi
trovo all’estero per la prima volta dopo essermi trasferito da Oxford in
Italia; ma essendo Parigi si tratta di un estero meno scabro dell’Inghilterra,
un estero più simile al punto di partenza, meno esigente nell’adattamento,
forse più (provo orrore a scriverlo) europeo: ma è una considerazione vana, il
brutto dell’Europa è che ciascuna nazione tende a reputare più europeo ciò che
più le somiglia, e quindi paradossalmente ciò che è più uguale e definito e
nazionale e non ciò che può essere più diverso e indefinito e quindi europeo.
Chiaro, no? Adamantino. Inoltre le condizioni ambientali sono prostranti in
maniera che avrebbe commosso Montesquieu: mentre ero sul trenino che conduceva
da Charles De Gaulle a Saint Michel, il diluvio veniva giù da un cielo che di giorno
non avevo mai visto così oscuro, nemmeno in Inghilterra, con l’aggravante della
totale assenza di illuminazione perché erano le tre del pomeriggio; il Sacré Coeur si affacciava dalla sua collina
così grande, grigio e cupo da non sembrare nemmeno più una chiesa. L’impronta
della pioggia è rimasta sul resto della giornata anche dopo che le nubi erano
progressivamente andate diradandosi. Inoltre in fretta e furia erano stati
montati a ogni crocicchio i palchi della festa della musica, un obbrobrio
cacofonico che speravo di poter imputare ai danni dell’amministrazione Hollande
e che invece mi hanno rivelato risalire ad almeno trent’anni fa (be’, insomma,
c’era Mitterrand). Da quel momento in poi, a Parigi è stato impossibile
parlarsi, o se non altro è diventato impossibile ascoltarsi. Infine mi sono
rifugiato a guardare la partita in una brasserie sul Boulevard Saint Germain
che si chiama Le 96 (leggasi quatre-vingt-seize)
e che pur essendo, appunto, una brasserie forse si vergogna perché dall’insegna
risulta “café contemporain”, lasciandomi con vari dubbi su come possano essere il
caffè désuet e soprattutto il caffè futuriste. Conto di neutralizzare la mia
fobia di essere notato mentre mangio da solo nel collettivo sguardo rivolto
allo schermo ma finisco per passare ancora più inosservato perché di fianco
alla trasmissione della partita imperversa un orso marsicano in t-shirt che
spara musica a volume contestabile scatenando ben pochi entusiasmi nella clientela
in larga parte composta da una comitiva di portoghesi che aveva l’intenzione di
guardare la partita ma magari anche di sentirla. Una lavagnetta al muro informa
che il benefattore si chiama DJ Cristofo’; lo spelling mi fa sospettare che
possa trattarsi di un compatriota ma non indago oltre. Insomma, queste sono le
concause. L’effetto è che al primo apparire del risultato in sovraimpessione mi
viene spontaneo pensare che in Francese non si possono riprodurre tutti quei
bei giochi di parole o equivoci dell’Italiano perché République Tchèque è ben
diverso da République Aveugle. Tanta maestria linguistica spiega anche perché
allo sportello informazioni dell’aeroporto la questione che avevo posto nel mio
Francese più fiorito aveva incontrato risposta in Inglese malaccentato.
Venerdì 22 giugno
h 20:45
Germania-Grecia a Bourg-la-Reine
Si trova Bourg-la-Reine a mezza passeggiata di distanza da
Sceaux ma arrivarci da Parigi è semplicissimo: basta prendere la Rer in
direzione opposta all’aeroporto e tempo mezz’ora si è lì. Venti minuti in
verità, ciò che mi avrebbe consentito di arrivare non solo in orario ma in ammirevole
anticipo a cena da Hélène che ha avuto un recente figlio, al quale ho provveduto
a regalare un completo di pantaloni blu, camicia bianca e maglione blu così se
vuole andare a studiare a Oxford il grosso è fatto. Invece arrivo in ritardo
come l’ultimo dei turisti italiani perché nei sotterranei del Luxembourg la
biglietteria non c’è quindi bisogna risalire in superficie, ma in superficie a
biglietteria è chiusa quindi bisogna camminare fino a Saint Michel, a Saint
Michel c’è una sola persona in fila davanti a me ma sembra impegnata in ardite
speculazioni finanziarie all’unico sportello aperto, ingarbugliandosi varie
volte al punto (anche se a Parigi sono sempre rilassato; a Oxford mai) di farmi
concludere repentinamente che è un coglione; quando alfine questo coglione se
ne va io mi faccio avanti ma vedo il bigliettaio diventare sgomento, paonazzo
nella scoperta di qualcosa che non s’è ben capita e precipitarsi fuori dal
gabbiotto all’inseguimento del coglione, che nel frattempo era riemerso in
superficie; rinvenutolo, raggiuntolo, risolto tutto ciò che dovevano risolvere
mentre io ero ancora in attesa, il bigliettaio è rientrato allo sportello
accorgendosi però di essersi chiuso fuori. Il viaggio di ritorno fila più
liscio. C’è ancora il sole perché sono le giornate più lunghe e a casa i franchi
cenano a orari longobardi; la partita si avvia alla metà ma non me la sento di
impiantarmi in casa d’altri per centocinque minuti, pertanto me ne vado
ammonendo l’inesperta Hélène sull’eventualità che la Grecia trovi sfogo
calcistico alla frustrazione economica tirando uno scherzetto all’avversario
germanico. Nessuno mi crede e sul binario in attesa della Rer, mentre sto
spiegando a una viaggiatrice nerissima e sperduta che la scritta “Gare du Nord”
nell’elenco illuminato delle fermate implica che con ogni verosimiglianza il
trenino su cui saliremo fermerà alla Gare du Nord (lei permane scettica ma se
non altro evita di controbattere in Inglese), Hélène mi avvisa per messaggino: “But
allemand!”. Senza perdere compostezza le rispondo che è una tragédie ma che il
y a beaucoup de temps encore, e di conseguenza j’ai confiance. Non faccio in
tempo ad aprire la porta della mia camera d’albergo e ad accendere il
televisore che vedo la Grecia pareggiare, con Hélène che recede per lo shock
all’Italiano e mi scrive che forse sul calcio ho ragione. Senza falsa modestia
rispondo convenendo che ho ragione su tutto. Poi i tedeschi segnano il secondo,
ed Hélène: “Hum”; segnano il terzo, “Hum hum”; segnano il quarto, e trovo l’ardire
di risponderle che forse la Germania è più forte. Da Bourg-la-Reine viene
espressa viva ammirazione per la mia perspicacia.