Michela Marzano predilige il modello sessuale di David Herbert Lawrence, un po’ cupo in verità, nel quale “ognuno esce dall’ambito del controllo dell’altro, ognuno si compromette con il proprio corpo e accetta la sfida del giudizio della società”. Ecco, sembra proprio che chi si toglie i vestiti debba per forza indossare un’armatura in vista di una sfida sociale o politica che potrà sì entusiasmare un guardacaccia ma che rende del tutto antierotico l’atto sessuale, trasformandolo in rancoroso sabotaggio e dotandolo di un baricentro esterno che non ha nulla a che spartire col sesso. Lawrence poi sosteneva che il sesso andasse purificato delle “funzioni escrementizie” che lo rendono pornografico, e che fosse quest’igiene a caratterizzare “l’essere umano realmente sano”. È un po’ come propugnare che è realmente sano colui che mangia al solo scopo di lavarsi i denti.
Volevo scrivere una breve recensione a La fine del desiderio: riflessioni sulla pornografia di Michela Marzano (Mondadori) ma mi sono lasciato prendere la mano e ne è sortita un'intemerata di quindicimila caratteri in cui spiego perché fra una filosofa femminista e un'attrice porno ho le idee piuttosto chiare su chi scegliere: è un paginone sulla fine dell'arcobaleno, il rifiuto del paradigma dell'insostituibilità, le fascette dei dvd zozzi, la penetrazione tra virgolette, la divisa di Ibrahimovic, la timidezza del maschio, l'influsso di Jessica Rizzo sulla cinematografia giapponese, i giorni necessari alla polizia per fermare una donna che va in giro con un pene mozzato in mano, lo sconforto che segue ogni rapporto, l'unica possibile realizzazione di una democrazia compiuta, la certificazione plastica che l'uomo non può giocare a fare Dio, la vita sentimentale di Julia Roberts, il senso del possesso e il desiderio di annullamento. C'è pure una foto di Nicole Kidman tutta nuda. Basta comprare il Foglio in edicola oggi.