Il diario intimo dell'Europeo
Venerdì 8 giugno
Venerdì 8 giugno
h 18 Polonia-Grecia
sulla Strada Provinciale 1
Per un curioso incidente del destino, nel momento esatto in
cui l’automobile – una Ka grigia affetta da timidezza patologica, che quando
la si parcheggia in mezzo ad altre macchine sembra nascondersi e scomparire per
quant’è piccola – esce dall’agro pavese per imboccare l’Oltrepo, ecco che un sole
altrettanto timido si affaccia sull’asfalto e mi ricorda tre cose. La prima è
che è giugno, che nonostante il grigio cupo che aveva sovrastato il centro di Pavia
fino a che non ero partito le giornate sono già così lunghe che quando uno si
aspetta il tramonto può ancora scoprire un inatteso splendore. La seconda è che
sta per iniziare l’Euro 2012 e che a differenza di non so quanti italiani per
mia precisa e consapevole scelta non sarò seduto in poltrona o sul divano a
guardare il primo calcio d’inizio. Donde un caleidoscopio di partite inaugurali
che risalgono via via nel tempo addietro, segnandone le tappe con indefettibile
regolarità: la Germania-Costarica dei Mondiali 2006 vista a casa di Gerardo e
Clemente nell’arsura modenese, la Portogallo-Grecia nel pigro pomeriggio di un
sabato elettorale, la Francia-Senegal precipitata da Seul a Pavia mentre da una
parte era buio e dall’altra brillava il dopopranzo, e poi ancora la
Brasile-Scozia vista coi manuali della maturità ancora aperti sul tavolo della
cucina, la Germania-Bolivia sbirciata in un ristorante di non ricordo dove con
non ricordo chi, la Svezia-Francia in onore della quale mi ero addirittura
ritirato anzitempo dalle ultime e stanche lezioni di seconda media, fino –
mentre la Ka si arrampica sui colli – all’Argentina-Camerun vista con papà in
salotto quando ancora forse lui era più interessato di me. Insomma la vita andrà
pure avanti ma per ogni passo che azzarda nel futuro prende una rincorsa sempre
più lunga, finché non le manca il fiato: e con questa fanno due. La terza cosa
che l’ombra di sole ha provveduto a ricordarmi è che non ho idea di che fine
abbiano fatto Gerardo e Clemente, di sicuro non abitano più lì.
h 20:45 Russia-Repubblica
Ceca a Varzi
Savio mi comunica il risultato della partita pomeridiana
mentre sto mangiando una quantità indiscriminata di salumi sotto un torracchione
medievale di fianco a una parrocchia lungo il fianco della quale una mano
democratica ha scritto RESISTENZA, raro esempio di libero Stato in libera
chiesa; poi mi rende partecipe della propria trepidante attesa per la partita
della sera, e per indorarla la chiama col suo nome primigenio, Unione
Sovietica-Cecoslovacchia. Vuol farmi patire che non la guarderò, sostituendola
con un concerto di musica barocca in una cornice resa ancora più suggestiva
dall’evenienza che, al termine di uno struggente Stabat Mater per basso
continuo e soprano sola, frammezzo il pubblico risuonerà il trillo di un
anonimo cellulare che, su una scala che va da drin a Waka Waka, risulta molto
più vicino a quest’ultimo estremo. Non posso ancora saperlo, però, e devo
affrettarmi a esaurire il salume perché non voglio arrivare in ritardo; se non
che strada facendo verso la Pieve dei Cappuccini mi assale il desiderio di
qualcosa di dolce e quando mi accade io so che divento intrattabile, se non mi
accontento subito capace che m’innervosisco, tengo il broncio ingiustificato e
poi piglio a ceffoni sia il proprietario della suoneria ridondante sia magari l’incolpevole
soprano. Entro dunque nell’unico luogo che sembri offrire soddisfazione ai miei
bisogni, un bar appiccicato a una stazione Esso dov’è rimasto un ultimo
cornetto dal primo mattino, che fagocito considerando l’ambiente circostante:
alla mia destra, sui tavolini esterni, una vasta scelta di braccia rubate ai
lavori forzati; dietro di me la Russia che attacca e di cui faccio anche in
tempo a vedere il primo goal; davanti a me l’esuberante barista vestita in
maniera ancor più esuberante per fidelizzare la clientela ma non me medesimo,
ché si vede lontano tre miglia che sono di passaggio. Le chiedo anche un
bicchier d’acqua calcolando a occhio che gli abitanti di Varzi sono sette e li
ho incontrati tutti nel breve volgere di una passeggiata. Il concerto sta per
iniziare, detesto arrivare in ritardo ragion per cui mi affretto a pagare il
dovuto; lei batte il solo cornetto e quando le chiedo cosa le devo per l’acqua,
mi lancia una risposta che manco ne Gli Spietati: “Va’ con Dio”. E io vado.