Il diario intimo dell'Europeo
Sabato 9 giugno
Sabato 9 giugno
h 18 Olanda-Danimarca
a Milano
Mi chiedo cosa sia successo a Vincenzo D’Amico se,
nonostante lo spiegamento di forze profuso dalla Rai, non è riuscito ad
arrivare a Charkiv in tempo per la telecronaca, lasciando il povero Gianni
Bezzi in balia di sé stesso: privo dell’autorevole commento tecnico, il
cronista s’ingarbuglia e chiama Danimarca l’Olanda e Olanda la Danimarca,
confondendo i giocatori al punto da far effettivamente vincere i prevedibili
sconfitti. Io, invece, da Pavia a Milano una comodità, ora che hanno allungato
il passante S13: esco di camera alle quattro e mezza, cammino fino alla
stazione, salgo nel primo treno che scorgo, scendo a Rogoredo, prendo la linea
gialla fino a Duomo e poi la rossa in gran scioltezza così da trovarmi alle sei
in punto seduto sulla poltrona di casa Savio, dopo essere sceso a una fermata
che non posso rivelare per non consegnarlo al fatale abbraccio delle ammiratrici;
è sposato, ha un figlio piccolo, lasciatelo perdere. Un tragitto geometrico e
pulito come l’azione che porta al decisivo vantaggio danese, segnato dal noto
gourmet Khron-Deli, al quale Gianni Bezzi non perdona l’assenza di D’Amico,
insistendo fino a fine gara su un goal nato da un fortunoso rimpallo che ha
visto, mi pare, solamente lui.
h 20:45
Germania-Portogallo a Rogoredo
Mi rendo conto di avere glissato su cosa sia il basso
continuo che ho lasciato cadere incidentalmente nel corso della cronaca di come
non vidi la partita di venerdì sera, in maniera tale da far supporre che io lo
sapessi perfettamente. Macché. Da quello che ho dedotto ascoltando il concerto
di Varzi mentre la Russia faceva alla Repubblica Ceca, in sedicesimo, ciò che l’Unione
Sovietica aveva fatto in grande stile alla Cecoslovacchia, il basso continuo si
è quattro o cinque musicisti che armeggiano su strumenti il cui suono si
estende sulle zone basse del pentagramma mentre la melodia è affidata alla sola
voce del soprano o del controtenore. Bon, ne deduco che da qui al primo luglio
l’Europeo sarà il basso continuo dell’esistenza comune a tutti, sul quale
ognuno di noi sarà libero di variare come meglio crede la propria melodia
individuale, che resterà ancorata a schemi fissi benché, come avveniva nella
musica barocca, intrinsecamente imprevedibili. Tanta poesia per significare che
alla stazione di Rogoredo, mentre attendevo il treno del ritorno a tarda sera
di fianco a una signorina che sulla panchina di ghisa si truccava in maniera
sospetta, mi ero accorto di essermi dimenticato la partita serale, non avendo
ancora interiorizzato il serrato ritmo che questi primi giorni ci impongono.
Ecco tuttavia il basso continuo che riemerge: avevo sì accidentalmente dimenticato
che c’era la partita ma una ben radicata parte della mia corteccia cerebrale
non aveva dimenticato che gira e rigira, se ci fosse mai stata una partita da
qualche parte del globo, con ogni verosimiglianza l’avrebbero vinta i tedeschi;
e infatti.