venerdì 21 febbraio 2014

Il compito dello scrittore è far vedere in modo diverso ciò che si trova sotto gli occhi di tutti trascinando il lettore fuori dalla facile retorica che verrebbe spontanea a un dilettante. Per questo motivo i quotidiani affidano di tanto in tanto il commento di taluni avvenimenti ad autori professionisti, per lo più romanzieri: perché tutti, ad esempio, vedono il Festival di Sanremo ma solo pochi sono in grado di guardarlo in modo originale.

Sul Corriere della Sera di oggi il commento del Festival è affidato a Silvia Avallone, che fa parte della Giuria di qualità. Costei prima ci rivela "che i personaggi letterari - quelli che crei tu con le parole, che vivono solo dentro i libri - anche se sono immaginari, in realtà, in qualche misura diabolica, esistono davvero". A cotanta inaudita originalità che avrebbe fatto tremare i polsi a un Pirandello segue la modestia del solipsismo: "Sì, perché Marina Bellezza, la mia tirannica protagonista, si sarebbe venduta l'anima pur di solcare il palco dell'Ariston e vincere Sanremo". Come Pascoli, come Carducci, Silvia Avallone è una fautrice dei valori rurali della patria nostra: un tempo si calcavano le scene, ora l'aratro le solca e (dobbiamo presumere) la spada le difende.

La vera rivelazione contenuta nel pezzo della Avallone è però che il Festival di Sanremo è una metafora dell'Italia. Non ci aveva mai pensato nessuno, nemmeno il produttore della cioccolata modicana intitolata a don Pino Puglisi che della propria ricetta elogia "la sapiente miscelatura di amaro e dolce, quasi una metafora della vita". La Avallone, che forse il produttore modicano ha già contattato come ghost writer delle prossime confezioni, scrive che "Sanremo ci restituisce parte di quello che siamo" e che "la sua capacità di durare nel tempo forse ha proprio a che vedere con il suo potere di specchio dove tutti andiamo ad affacciarci per controllare cosa stiamo diventando, come siamo diventati". Poi, penetrante come una stilettata nell'acciaio, ecco l'ossimoro: "Il Festival ci fa evadere dai problemi, e ce li ricorda".

Ma la Avallone non è sola. Oggi arriverà a Sanremo aggirando il binario interrotto fra Genova e Ventimiglia accompagnata dalle parole di Mathias Énard: "Se non facciamo uno sforzo verso i nostri sogni quelli spariscono, solo la speranza o la disperazione può cambiare il mondo". Ecco, forse perché mercoledì ho guardato il Milan e giovedì Masterchef anziché cambiare il mondo, non ci avevo ancora pensato: noi guardiamo il Festival, scrive la Avallone, "con questo gigantesco interrogativo. Il passaggio possibile dalla disperazione alla speranza, lo sforzo verso il sogno di qualcosa che si chiama futuro". Il suo futuro, il suo sogno, Silvia Avallone l'ha già realizzato: è diventata la scrittrice che l'Italia si merita.