Ho preso in mano Lanzarote e mi sono reso conto di più cose in un sol colpo.
La prima è che Houellebecq aveva remore sui mussulmani prima dell’11 settembre, ma che la traduzione posticipata ha creato uno ysteron proteron (per quelli che frequentano l’università riformata da Berlinguer: ha invertito l’ordine fra il prima e il dopo). La seconda è che ho fatto bene a prendere Lanzarote in biblioteca, perché altrimenti avrei sprecato soldi abbastanza da poter permettermi una bottiglia e mezzo di Merlot all’enoteca in via Gallucci. La terza è che il nucleo della trama de La Possibilità di un’Isola è già presente in Lanzarote, sebbene con un numero radicalmente inferiore di pompini. La terza e mezzo è che non andrò mai in vacanza nelle Canarie, piuttosto in Gargano o addirittura in Salento. La quarta è che il già esiguo numero di pagine veniva reso addirittura ridicolo dalla peculiare divisione del libro in due metà: sessantacinque pagine numerate di testo, altrettante all’incirca di foto della landa desolata.
Super-Houellebecq, parte seconda. Un mattino di nove anni fa mi svegliavo con una certa fatica e scrivevo tutta un'omelia sui rapporti fra l'Houellebecq di Lanzarote e Wagner, i cactus, Umberto Eco che canta e una foto di Leonardo Sciascia, per tacere di Heidegger. Trovate il testo completo cliccando qui.